(da La libertà di Giovanni Verga)
Ecco, forse la verità del nostro Sud, di quella che è stata l'unificazione di Italia, o per dirla in altro modo, l'annessione del Meridione al Regno di Italia, finora si è intesa meglio con le parole della letteratura che con le analisi della storia.
Soprattutto quello che successe subito dopo, quando Giuseppe Garibaldi si era dovuto ritirare in buon ordine, perché lui e i suoi uomini erano diventati un impiccio per il nuovo Regno.
In genere sui libri del liceo la questione si liquida in poche righe: il brigantaggio che mise a dura prova l'esercito regio per qualche anno. Un problema di ordine pubblico, al massimo di criminalità organizzata, un po' come in altri anni la mafia.
E invece fu vera guerra, guerra civile, guerra sociale. Costata un'enorme quantità di morti, chi dice addirittura centomila. Massacri, terrore, le solite vittime di ogni guerra sporca. Trame, cospirazioni, tradimenti. Paesi spazzati via, vite cancellate.
Ci voleva un libro come Il sangue del Sud di Giordano Bruno Guerri, per gettare luce su tutto questo e raccontarlo con coraggio, ma anche con equilibrio, senza idealizzare nessuno e senza alimentare strane nostalgie. Senza nemmeno la tentazione di idealizzare come una sorta di Che Guevara nostrano un brigante tipo Carmine Crocco, che pure diceva cose sacrosante:
Molti, molti si illusero di poterci usare per le rivoluzioni. Le loro rivoluzioni. Ma libertà non è cambiare padrone. Non è parola vana e astratta
Rimane l'orrore per tutto quello che fu fatto, per come fu piegato il brigantaggio: rastrellamenti, fucilazioni di massa, rappresaglie che noi siamo abituati a collocare in altri periodi della nostra storia e ad attribuire in esclusiva a altri eserciti.
Ma questa è anche la storia di come la verità fu cancellata, rimossa, nascosta. Commissioni di inchiesta e depistaggi. Armadi della vergogna, anche per il nostro Sud. All'inizio della storia di Italia. Come un marchio di fabbrica, un difetto di costruzione, un peccato originale.