Il bucato repellente

Da Silviapare
Tra le varie cose che non mi piacciono della mia vita a San Francisco c'è l'orrida lavanderia a gettone. A parte la periodica perdita del calzino, che francamente è il male minore, nella ributtante lavanderia a gettone capita di andare a spostare il bucato dalla lavatrice fetida all'asciugatrice lurida (che mi fa ancora più schifo se penso al delizioso profumo dei panni asciugati al sole sul balcone di casa mia, in Italia) e scoprire che l'intero carico è stato estratto e sistemato su un carrello da un cafone deficiente che ha toccato il mio bucato con le sue manacce lerce perché non poteva aspettare cinque minuti per usare quella merdosa lavatrice. Oppure, schifo degli schifi, può capitare di estrarre il bucato e trovarci in mezzo un ripugnante paio di mutande da uomo - slip blu elettrico per la precisione, mi viene il voltastomaco solo a pensarci - dimenticate dall'utente precedente. Quella volta per poco non ho vomitato dentro l'immonda lavatrice. Ogni volta che entro nella nauseabonda lavanderia a gettone provo un disgusto assoluto, globale, mi sembra di sentire l'abominevole puzza di piedi di chi ha lavato i suoi calzini prima di me, vedo davanti a me file e file di mutande luride che spuntano fra i miei panni semilavati con quel ridicolo detersivo biologico che nulla può contro il poderoso esercito di stomachevoli germi che ammorba la laida lavanderia a gettone. Allora sogno di entrare con un lanciafiamme e bruciare tutto, calzini puzzolenti, mutande blu elettrico, lenzuola lise, asciugamani bucati, scarpe da tennis (brutto maiale che lavi le tue scarpe nelle sozze lavatrici  dell'urfida lavanderia a gettone), e di emergere dal rogo pulita, purificata e profumata come un cesto di bucato asciugato al sole.

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