Il buco nero che fa il difficile

Creato il 29 agosto 2013 da Media Inaf

Quando il gas si avvicina al buco nero, forma un “toro” di plasma relativistico (A) che emette energia lungo tutto lo spettro dalla luce visibile ai raggi X (B). Credit: ESO/S.Noble

Perché stare a dieta quando potresti tranquillamente mangiare tutto quello che ti capita a tiro? Eppure è proprio quello che sembra fare il buco nero supermassiccio che si trova al centro della nostra galassia, chiamato dagli astronomi Sagittarius A*, o più brevemente Sgr A*. In teoria il buco nero (per ovvi motivi il più facile da studiare tra i buchi neri supermassicci che si trovano al centro della maggior parte delle galassie) dovrebbe divorare, con la sua attrazione gravitazionale, qualunque oggetto si trovi nelle sue vicinanze. Eppure l’emissione radio dalla zona circostante il buco nero (causata proprio dal suo accrescimento, cioè dalla caduta di materiale al suo interno) è sorprendentemente debole, e la stessa cosa avviene anche per altri buchi neri individuati al centro di altre galassie.

“E’ sempre stato un mistero perché la maggior parte di questi buchi neri abbiano un’emissione così debole” spiega Daniel Wang, un astrofisico dell’Università del Massachusetts. Sull’ultimo numero di Science, Wang e il suo gruppo danno un importante contributo alla soluzione del mistero.

L’emissione di raggi X proveniente da Sgr A* si può descrivere, come mostrano Wang e colleghi, come la sovrapposizione di una sorgente puntiforme (il buco nero stesso) e di una nuvola molto più ampia, al cui interno si possono identificare più di cento stelle, e presupporne un altro migliaio troppo deboli per essere rilevate. Molte di queste stelle sputano fuori gas caldo sotto forma di venti stellari, che in teoria dovrebbero essere risucchiati dal buco nero. Sempre in teoria, questo dovrebbe portare a un accrescimento del buco nero pari a circa un centomillesimo della massa solare ogni anno. E questo fenomeno dovrebbe rendere la regione immediatamente attorno al buco nero molto, molto più brillante di quanto effettivamente sia. Che succede in realtà?

Per rispondere, i ricercatori hanno utilizzato il satellite per lo studio dei raggi X della NASA Chandra, in grado di compiere osservazioni in raggi X con una risoluzione angolare maggiore di qualunque altro strumento attualmente disponibile. Grazie ad esso hanno studiato la zona circostante il buco nero Sgr A*, riuscendo a distinguere le diverse sorgenti che emettono raggi X (il buco nero di per sé è, per l’appunto, nero, e da esso non esce alcuna radiazione) e la temperatura e densità dei gas nella parte centrale della galassie. In questo modo hanno capito che nelle immediate vicinanze del buco nero vi sono, oltre a stelle di piccola massa, anche molte stelle di grande massa. Queste stelle sono associate a venti molto potenti e veloci, che causano vortici e perturbazioni con l’effetto di riscaldare molto il gas nelle vicinanze del buco nero. Il tutto è compatibile con alcuni modelli teorici di accrescimento, secondo cui il gas a queste alte temperature diventa più difficile da “ingoiare” per il buco nero, con il risultato che circa il 99 per cento di esso viene risputato nello spazio. Solo una piccola parte finisce effettivamente all’interno del buco nero. Una dieta di gas più freddi, spiega Wang, permetterebbe al buco nero di accrescere a un ritmo molto più elevato, ma l’ambiente non lo consente.

Fonte: Media INAF | Scritto da Nicola Nosengo


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