Il buco nero che sputa rosso

Creato il 16 marzo 2016 da Media Inaf

Nel mese di giugno 2015 il buco nero chiamato V404 Cygni ha attraversato un periodo d’intensa attività che è durato circa due settimane, come vi abbiamo già raccontato su Media INAF. Durante questa fase di accensione V404 Cygni ha emesso dei lampi rossi, della durata di poche frazioni di secondo, che hanno catturato l’attenzione degli scienziati.

V404 Cygni si trova a circa 7.800 anni luce dalla Terra in direzione della costellazione del Cigno. La sua caratteristica più particolare è che emette lampi di luce improvvisi e intensi, e questi picchi di attività corrispondono a fasi durante le quali attira a sé e inghiotte materiale dalla propria compagna.

In uno studio pubblicato di recente sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, un team internazionale di astronomi guidato da ricercatori dell’Università di Southampton segnala che V404 Cygni ha emesso una serie di lampi rossi di breve durata, molto probabilmente dovuti al fatto che il buco nero stava sputando materiale che non era in grado di ingurgitare. Le osservazioni effettuate forniscono nuove prospettive sui fenomeni di formazione dei getti, e in generale sui fenomeni più estremi che avvengono nelle vicinanze dei buchi neri.

«L’altissima velocità di questi getti ci dice che la regione da cui viene emessa la luce rossa deve essere molto compatta», dice Poshak Gandhi, primo autore dello studio e ricercatore presso l’Università di Southampton. «Mettendo insieme una serie di dati raccolti, come il colore, la velocità e la potenza di questi lampi, possiamo concludere che la luce deve essere emessa a breve distanza dal buco nero. L’origine di questi getti rimane sconosciuta, anche se sospettiamo che i campi magnetici giochino un ruolo chiave.

«Inoltre, questi lampi rossi sono più intensi durante la fase di attività più frenetica del buco nero. Abbiamo pertanto ipotizzato che il buco nero, quando viene alimentato dalla compagna con grandi quantità di materia, reagisca rilasciando parte di questo materiale con getti ad alta velocità. La durata di questi episodi potrebbe essere correlata all’accensione e allo spegnimento dei getti, che siamo riusciti a vedere per la prima volta con un dettaglio così alto».

L’inserto si mostra una serie di immagini in sequenza di un lampo rosso proveniente dal buco nero V404 Cygni. Le immagini sono state raccolte dallo strumento ULTRACAM montato sul William Herschel Telescope nelle prime ore del mattino del 26 giugno 2015. Crediti: DSS2/sky-map.org /Gandhi et al.

Siccome la natura di questi episodi è rara ed estremamente imprevedibile, di solito gli astronomi hanno poco tempo per reagire e puntare i telescopi sulla sorgente. L’ultima eruzione intensa di V404 Cygni, ad esempio, risale al 1989. Quando l’estate scorsasi è riacceso, ha fornito un’eccellente opportunità per lo studio di questi fenomeni, soprattutto perché è stata una delle eruzioni più brillanti in assoluto. Ogni lampo equivaleva alla potenza di circa mille soli, e alcuni avevano una durata inferiore a un quarantesimo di secondo, dieci volte più breve del battito di palpebre di un occhio umano. Per poter rilevare un fenomeno di questo tipo è necessario fare appello alla tecnologia di ultima generazione, e quindi gli scienziati hanno utilizzato la camera ULTRACAM montata sul William Herschel Telescope a La Palma, nelle Isole Canarie.

«ULTRACAM è uno strumento unico nel suo genere, poiché può funzionare a una velocità molto elevata», spiega Vik Dhillon, professore presso l’Università di Sheffield e co-responsabile scientifico di ULTRACAM. «Riesce a catturare immagini in tre filtri di colore contemporaneamente, dando vita a “filmati” ad alta frequenza di fotogrammi su target astronomici. Questo ci ha permesso di verificare la colorazione rossa dei lampi emessi da V404 Cygni».

«L’evento del 2015 ha spinto gli astronomi a creare una rete coordinata e dislocata in tutto il mondo per poter osservare future eruzioni simili», aggiunge Gandhi. «La loro breve durata e le intense emissioni lungo l’intero spettro elettromagnetico richiedono una rete di collaborazione estesa ed efficace, nonché la condivisione immediata dei dati. Osservazioni di questo tipo possono essere una vera e propria sfida contro il tempo, specie quando si cerca di puntare simultaneamente telescopi terrestri e spaziali».

«Questo risultato ci mostra con chiarezza che i getti provenienti da questo tipo di sorgenti possono essere estremamente variabili», spiega a Media INAF Piergiorgio Casella, co-autore dello studio e ricercatore presso l’Osservatorio Astronomico di Roma dell’INAF. «Di questa variabilità, tutto sommato, si sa ancora poco, ma questo tipo di osservazioni ci fa capire che siamo nella direzione giusta per arrivare a svelare i dettagli di come la materia possa venire espulsa da un buco nero con tale potenza».

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Fonte: Media INAF | Scritto da Elisa Nichelli