Le persone fanno di tutto per fuggire dal vuoto che hanno dentro, originato dal dolore di non sapere chi sono veramente. Inconsciamente a tutti manca l’unità e la beatitudine, ma invece di scendere in profondità nel loro dolore e vivere una vita seguendo il flusso dell’esistenza, cercano di resistere, di imporre la loro musica al coro universale, non sapendo che ciò non è possibile, perché questa resistenza alla vita li porta solo a soffrire ulteriormente. La seconda nobile verità riguarda l’origine del dolore: la ricerca della felicità nel mondo esterno che conduce all'attaccamento ai beni terreni, la brama dell’uomo di ingrandire il suo Ego con ciò che è transitorio, la vita nella periferia dell'essere anziché nel centro, l’ignoranza dell’impermanenza delle illusioni. Il dolore non è mai causato dalle condizioni esterne, dal destino, una o più divinità, la radice del dolore è da ricercarsi piuttosto nell’attaccamento alle illusioni, provocato dal bisogno umano di nutrire la falsa personalità. La terza nobile verità riguarda l’emancipazione dal dolore e secondo essa è possibile smettere di soffrire lasciando andare gli attaccamenti a ciò che è provvisorio, come idee, oggetti e personalità. Quando dico personalità vi sono inclusi anche i nostri cari, perché è ciò a cui normalmente siamo attaccati, mentre se amassimo la loro essenza non ci preoccuperemo di perderli, considerando l'impossibilità di tale evenienza dal momento che non siamo mai separati da loro, perché nel centro non esiste un noi e un loro, esiste e basta, il centro è pura esistenza. A questo punto vi chiederete che cos'è questo centro e com'è possibile accedervi, ebbene esso è il nucleo di ogni cosa esistente, anche di noi stessi e proprio nelle profondità del nostro essere è possibile conoscerlo. Il problema è che non abbiamo occhi per vedere, non siamo centrati, e rimaniamo sempre alla periferia dove tutto è mutevole. Da qui va da sé la quarta ed ultima nobile verità, dove per far cessare il dolore è necessario seguire un percorso per aprire gli occhi alla verità ed avvicinarsi al Nirvana, così il Buddha ha risposto a quest'esigenza concependo una strada a cui ha dato il nome di “Nobile Ottuplice Sentiero”. La retta visione, il primo punto, è in verità il traguardo, ma è necessario sforzarsi fin dall'inizio di vedere la realtà, conoscendo e sperimentando in prima persona la veridicità delle Quattro Nobili Verità, o almeno capire attraverso l'esperienza che soffriamo perché la nostra visione è limitata da una prospettiva soggettiva (quindi egoica). La retta intenzione è l’impegno di sostenere la retta visione e gli altri punti del cammino spirituale, lo sforzo di osservare nella quotidianità gli attaccamenti ed i meccanismi inconsci che li provocano, al fine di eliminarli. La retta parola è l’assunzione delle proprie responsabilità in merito a ciò che viene detto, ponendo attenzione alla scelta delle parole e cercando di non provocare a nessuno effetti nocivi con esse. Questo punto implica l’auto-osservazione, poiché se non osserviamo quello che diciamo non possiamo prendercene la responsabilità. La retta azione è quella che viene dal cuore, non motivata dal vantaggio personale, dall’Ego o dall’attaccamento verso i suoi effetti. Spesso, senza accorgercene, anche l’aiuto che diamo è mosso dal nostro Ego, troppo spesso sento la frase “aiuto gli altri quando sono in difficoltà così che quando lo sarò io avrò molte persone disposte ad aiutarmi”, e se osservate in profondità questa frase ne percepirete lo squallore. Al contrario, l’aiuto disinteressato non nasce mai dalla paura di trovarsi da soli ad affrontare le difficoltà, né viene considerato una sorta di investimento per il futuro o motivo di vanto, quando si aiuta qualcuno con Amore non ci si aspetta niente in cambio, si dà per bisogno di donare e non per ricevere. La retta sussistenza non può essere ridotta al procurarsi il cibo senza spacciare droga, rubare e provocare danni agli altri, si estende anche all'impegno di vivere in equilibrio, lontani dagli eccessi dell’ascetismo e dell’edonismo, essendo naturali, mangiando abbastanza per non sentire la fame e non troppo da sentirsi male, semplicemente trovando l'equilibrio. Il nostro Corpo ha un intelligenza propria che si esprime attraverso delle sensazioni gradevoli o sgradevoli, - fino a quando non sapremo ascoltarlo meglio e trascenderemo questi segnali -, e sarebbe sufficiente seguirli per tenerlo in perfetta salute. Il retto sforzo non è altro che la creazione di una nuova energia, la volontà che nasce direttamente dallo Spirito ed è una delle due forze necessarie allo sviluppo del potenziale umano. Questa fermezza nasce dallo sforzo di far coincidere l’opinione con il proprio comportamento, lasciando andare gli stati non salutari e perseverando nel cammino che riteniamo adeguato. La retta presenza mentale è la capacità di essere consapevoli, testimoni distaccati dei pensieri, come se lì osservassimo dall'esterno; in questo modo si arriva a controllare la Mente, imparando ad interrompere il flusso di pensieri per mantenerla priva di confusione e di attaccamenti, ma per arrivare a questo è necessario un costante esercizio di auto-osservazione mirato a rendere consci i pensieri che attualmente si susseguono nel nostro inconscio. Basta sedersi e rilassarsi cinque minuti, senza pensare volontariamente, per rendersi conto di quanto sia affollata la Mente e come sia lei a controllare noi anziché il contrario. L’ultimo punto riguarda la retta concentrazione: rappresentante praticamente la capacità di mantenere focalizzata l’attenzione durante la Meditazione, e metaforicamente l'importanza di non perdere di vista l'obbiettivo. Senza la concentrazione ogni punto di questo percorso è impossibile da seguire, questa caratteristica è infatti alla base di tutte le altre, perché in questo contesto viene intesa come sinonimo di consapevolezza.
Le persone fanno di tutto per fuggire dal vuoto che hanno dentro, originato dal dolore di non sapere chi sono veramente. Inconsciamente a tutti manca l’unità e la beatitudine, ma invece di scendere in profondità nel loro dolore e vivere una vita seguendo il flusso dell’esistenza, cercano di resistere, di imporre la loro musica al coro universale, non sapendo che ciò non è possibile, perché questa resistenza alla vita li porta solo a soffrire ulteriormente. La seconda nobile verità riguarda l’origine del dolore: la ricerca della felicità nel mondo esterno che conduce all'attaccamento ai beni terreni, la brama dell’uomo di ingrandire il suo Ego con ciò che è transitorio, la vita nella periferia dell'essere anziché nel centro, l’ignoranza dell’impermanenza delle illusioni. Il dolore non è mai causato dalle condizioni esterne, dal destino, una o più divinità, la radice del dolore è da ricercarsi piuttosto nell’attaccamento alle illusioni, provocato dal bisogno umano di nutrire la falsa personalità. La terza nobile verità riguarda l’emancipazione dal dolore e secondo essa è possibile smettere di soffrire lasciando andare gli attaccamenti a ciò che è provvisorio, come idee, oggetti e personalità. Quando dico personalità vi sono inclusi anche i nostri cari, perché è ciò a cui normalmente siamo attaccati, mentre se amassimo la loro essenza non ci preoccuperemo di perderli, considerando l'impossibilità di tale evenienza dal momento che non siamo mai separati da loro, perché nel centro non esiste un noi e un loro, esiste e basta, il centro è pura esistenza. A questo punto vi chiederete che cos'è questo centro e com'è possibile accedervi, ebbene esso è il nucleo di ogni cosa esistente, anche di noi stessi e proprio nelle profondità del nostro essere è possibile conoscerlo. Il problema è che non abbiamo occhi per vedere, non siamo centrati, e rimaniamo sempre alla periferia dove tutto è mutevole. Da qui va da sé la quarta ed ultima nobile verità, dove per far cessare il dolore è necessario seguire un percorso per aprire gli occhi alla verità ed avvicinarsi al Nirvana, così il Buddha ha risposto a quest'esigenza concependo una strada a cui ha dato il nome di “Nobile Ottuplice Sentiero”. La retta visione, il primo punto, è in verità il traguardo, ma è necessario sforzarsi fin dall'inizio di vedere la realtà, conoscendo e sperimentando in prima persona la veridicità delle Quattro Nobili Verità, o almeno capire attraverso l'esperienza che soffriamo perché la nostra visione è limitata da una prospettiva soggettiva (quindi egoica). La retta intenzione è l’impegno di sostenere la retta visione e gli altri punti del cammino spirituale, lo sforzo di osservare nella quotidianità gli attaccamenti ed i meccanismi inconsci che li provocano, al fine di eliminarli. La retta parola è l’assunzione delle proprie responsabilità in merito a ciò che viene detto, ponendo attenzione alla scelta delle parole e cercando di non provocare a nessuno effetti nocivi con esse. Questo punto implica l’auto-osservazione, poiché se non osserviamo quello che diciamo non possiamo prendercene la responsabilità. La retta azione è quella che viene dal cuore, non motivata dal vantaggio personale, dall’Ego o dall’attaccamento verso i suoi effetti. Spesso, senza accorgercene, anche l’aiuto che diamo è mosso dal nostro Ego, troppo spesso sento la frase “aiuto gli altri quando sono in difficoltà così che quando lo sarò io avrò molte persone disposte ad aiutarmi”, e se osservate in profondità questa frase ne percepirete lo squallore. Al contrario, l’aiuto disinteressato non nasce mai dalla paura di trovarsi da soli ad affrontare le difficoltà, né viene considerato una sorta di investimento per il futuro o motivo di vanto, quando si aiuta qualcuno con Amore non ci si aspetta niente in cambio, si dà per bisogno di donare e non per ricevere. La retta sussistenza non può essere ridotta al procurarsi il cibo senza spacciare droga, rubare e provocare danni agli altri, si estende anche all'impegno di vivere in equilibrio, lontani dagli eccessi dell’ascetismo e dell’edonismo, essendo naturali, mangiando abbastanza per non sentire la fame e non troppo da sentirsi male, semplicemente trovando l'equilibrio. Il nostro Corpo ha un intelligenza propria che si esprime attraverso delle sensazioni gradevoli o sgradevoli, - fino a quando non sapremo ascoltarlo meglio e trascenderemo questi segnali -, e sarebbe sufficiente seguirli per tenerlo in perfetta salute. Il retto sforzo non è altro che la creazione di una nuova energia, la volontà che nasce direttamente dallo Spirito ed è una delle due forze necessarie allo sviluppo del potenziale umano. Questa fermezza nasce dallo sforzo di far coincidere l’opinione con il proprio comportamento, lasciando andare gli stati non salutari e perseverando nel cammino che riteniamo adeguato. La retta presenza mentale è la capacità di essere consapevoli, testimoni distaccati dei pensieri, come se lì osservassimo dall'esterno; in questo modo si arriva a controllare la Mente, imparando ad interrompere il flusso di pensieri per mantenerla priva di confusione e di attaccamenti, ma per arrivare a questo è necessario un costante esercizio di auto-osservazione mirato a rendere consci i pensieri che attualmente si susseguono nel nostro inconscio. Basta sedersi e rilassarsi cinque minuti, senza pensare volontariamente, per rendersi conto di quanto sia affollata la Mente e come sia lei a controllare noi anziché il contrario. L’ultimo punto riguarda la retta concentrazione: rappresentante praticamente la capacità di mantenere focalizzata l’attenzione durante la Meditazione, e metaforicamente l'importanza di non perdere di vista l'obbiettivo. Senza la concentrazione ogni punto di questo percorso è impossibile da seguire, questa caratteristica è infatti alla base di tutte le altre, perché in questo contesto viene intesa come sinonimo di consapevolezza.
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