“Il buio che rivela” di Tina Pernice

Creato il 21 luglio 2014 da Wsf

Nato in un freddo giorno, un giorno di Settembre del 1500, nato a Milano, bambino assai prodigio, bambino scalmanato. E se lo portò appresso quel ciglio molto superbo, quel velo avvelenato, quel tocco un po’ violento, quel desiderio andato. Non potrò mai conoscerlo, eppure così vicino, con quei suoi insegnamenti, quei forti accenti e limpidi disegni. Aveva due fratelli, aveva anche una sorella, un padre andato con la peste, una madre assai bella. Di gran prodigio sai, fu mandato a bottega, a imparare un mestiere a imparare l’arte vera. Il suo maestro era, amico di Tiziano, un gran pittore sai dell’epoca infinita. In quattro anni come apprendista pittore, imparò ad usare il pennello, imparò ad usar il colore, con accenti e guizzi di delicato pudore. Imparò a copiare la scuola veneziana, di Giorgione , Tiziano e Veneziano, a notare la pittura lombarda di Foppa e Bergognone, di Savoldo e Romanino. Del colore visto, della luce notata, ne fece insegnamento, tanto da diventare poi maestro d’ingegno, maestro grande, maestro potente. Eppure potente non fu in vita mai, eppure la sua arte fu riconosciuta dopo. Con la morte della madre, si trasferì a Roma, o forse perché violento, scappò da altra gente. L’arrivo a Roma fu semplice e non datato, però lo si suppone da certe sue amicizie altolocate. Ospite da monsignor insalata, e poi da un cardinale, che passione aveva per le sue opere immortali, per la sua pittura pulita, per la sua santa eloquenza a parlare con le opere, a parlar con i santi. E proprio in questo periodo compose un’opera complessa, un riposarsi in Egitto che poi Egitto non pareva. Sembravano persone, pie sicuramente, ma uomo e anche donna, bimbo, angelo e animali, di foggia assai normali. Mostravano nel volto la pace interiore, la forza e la dolcezza, ma anche la spossatezza. La donna assai materna, l’uomo coi piedi stanchi, l’angelo assai strano con ali un po’ diverse dai soliti colori, dalle solite fattezze. Eppure da quel tempo in poi, cominciò ad avere fama, ad essere presente in salotti e discussioni. Disegnava tele e quadri con stile naturale, con stile particolare, metteva in primo piano la forma tridimensionale di corpi e volumi attraverso la luce, e il resto immerso nel buio più profondo. Così facendo la luce disegnava personaggi e figure inondandola di un senso, un senso assai sacro, un senso superiore. Ogni gesto sottolineato da quella luce santa, metteva assai in risalto, la fede ed anche il dramma, poneva assai in essere quel che si stava facendo, perché ogni azione aveva un suo momento, aveva un suo disegno, di certo naturale, ma anche e molto divino. Così dipinse santi, ma in modo assai comune, prendendo ad esempio donne ed uomini normali, presi dalla vita di ogni giorno, presi da strada e lavoro. Con questo stile un po’ santo, questo stile profano, disegna opere immense che oggi noi ammiriamo. Disegna Matteo e l’Angelo, la Vocazione e il Martirio, la Conversione di Paolo, la Crocefissione di Pietro. Un’altra commissione gli viene rifiutata, avendo lui dipinto una Madonna gonfia, una donna gravida morta poi di parto. Eppure il suo bel quadro, fu rivalutato e poi comprato da un pittore fiammingo, ma poi per strani casi arrivò a Parigi dove è ancora. Pittore assai violento, si ritrovò in risse, in discussione e guai, temperamento acceso, passione, forza e pena, lo agitavano dal basso, lo portavano in galera. Proprio per questi motivi dovè fuggire sai, fuggire dall’eterna, fuggire essendo reo. Si ritrovò a Napoli, dove dipinse ancora, opere molto sapienti, opere poi maestre. Viaggiava molto e spesso, si ritrovò a Malta e in Sicilia e poi di nuovo a Napoli. Finì di ritorno a Roma, morendo a Porto Ercole, sperando che finissero i suoi guai, a 39 anni, ancora giovane lo sai. Per molto tempo dopo fu dimenticato, ripreso solamente nel ‘900 e passa. Ci sono, oggi e ogni giorno, dei tipi che riprendono i suoi quadri, facendoli poi rivivere, rendendoli teatrali.
È stato assai maestro e mi ha insegnato sai che ogni cosa è divina , ogni cosa è maestra, ogni atto casomai è assai rivelatore della tua anima interiore. La luce illumina il mondo, illumina e colora, ma ciò che conta è il buio, il nero che sovrasta. Il nero delicato, il buio consistente dell’anima e la mente. Lo scuro non perdona, ma è rivelatore del più profondo ardore. Non aver paura del tuo buio interiore, non aver paura della tua gran fatica a vivere e a restare che tutti pienamente abbiamo sai un dolore. Ognuno ci convive, ognuno sai lo nasconde, ma è sinceramente che lo dobbiamo render presente. Se la luce colora e il buio acceca le membra, è nel buio che si nota ciò che sei realmente.

BIOGRAFIA
Immacolata Pernice (Tina) nasce il 15/01/1981 a Civitavecchia (RM). Laureanda in Archeologia e Storia delle arti presso la Federico II di Napoli,si occupa di ricerche di mercato per diversi Istituti Nazionali come intervistatrice e rilevatrice face to face di dati statistici. Consigliera per le Pari Opportunità del Comune di Pollena Trocchia (NA) dal 2011 al 2012, progettista sociale e organizzatrice di eventi per diverse realtà associative del territorio napoletano, abilitata all’insegnamento per la Scuola dell’Infanzia con concorso del 1999, volontaria di Croce Rossa Italiana dal 2000 al 2009, performer , teatrante, disegnatrice in proprio. Editor presso web giornali napoletani.


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