La notte scorsa ho sentito il vento battere alle finestre. So che cadeva la pioggia, anche se il vento copriva tutto. Non si sentiva il ticchettio della pioggia sul davanzale e sul balcone, ma insomma io sapevo che c’era. Il mattino successivo, una volta uscito dal letto mentre lei ancora dormiva, sono sceso in strada e mi sono lasciato avvolgere da una tenebra inaspettata. Scendo tutti i giorni alla stessa ora, e di solito, in questa parte della stagione, il cielo, quando scendo io, è già colorato di un grigio tenue. E invece era ancora buio, un buio pesto, senza stelle, senza lampioni (non so dire se ci fosse un guasto elettrico alla centralina della zona). Così mi sono incamminato lungo il marciapiede, facendo attenzione a non pestare al buio le merde di cane che di solito sono disseminate in quel tratto di strada. Il buio era un bel paio di baveri rialzati. In quella morte, in quelle tenebre, ho incrociato tre ombre: un infermiere che prendeva servizio nella vicina casa di cura, un portinaio che spazzava i due metri quadrati di marciapiede di sua pertinenza, e un cane randagio. Incontrare il cane randagio è stato sorprendente quanto constatare il fatto che ci fosse tutto quel buio. In effetti, da quando abito qui, non ho mai incontrato per le strade un cane randagio, qui sembra che i cani siano stati tutti quanti civilizzati. I padroni dei cani ingentiliti, dirozzati, a quel randagio avrebbero senz’altro addossato la paternità di tutte le merde fumanti che infestano il quartiere. I padroni dei cani ingentiliti sono tutti vecchi dallo spirito cattivo. Il randagio umiliato da quel sospetto si è messo a seguire il baccano dei miei passi, i miei cattivi pensieri. Insieme abbiamo convenuto che il giorno si sarebbe presento piovoso.
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Philippe Jaccottet, PREGHIERA TRA LA NOTTE E IL GIORNO
All’ora incerta in cui la muta dei fantasmi
fa ressa alle finestre, e in gran subbuglio
per un’esitazione tra ombra e giorno
minaccia bisbigliando la chiarezza,
un uomo prega: gli è distesa accanto
la splendida guerriera inerme e nuda;
poco distante giace il loro erede,
tenendo stretto come stelo il tempo.
“Una preghiera dentro la paura, ardua
a esaudire,
specie senza soccorso dall’esterno;
una preghiera
detta dentro il crollo delle città,
la fine della guerra, i morti in folla:
perché la dolce aurora, la tenace,
la luce quando giunge sui crinali,
se allontana
la lieve luna, così anche la mia favola
cancelli,
e veli del suo fuoco anche il mio nome”.