Residui bellici, amianto, tetti distrutti, un parco ormai irriconoscibile e migliaia di lussuosi oggetti d'arredamento dispersi. Queste erano le condizioni di Venaria Reale, che il critico Federico Zeri nel 1996 portò in televisione per mostrare il declino di una meraviglia architettonica. Poco dopo ha inizio il percorso burocratico che porta a trovare e utilizzare sia fondi nazionali e soprattutto europei, per dare inizio nel 1999 ad un'imponente opera di restauro dal valore di 280 milioni di euro: finalmente dopo otto anni, nell'ottobre 2007, il pubblico può entrare per la prima volta a visitare le stanze dei sovrani.
Ma non si è trattata solo di una ingente (anche economicamente) opera di restauro: avendo perso buona parte degli allestimenti interni, si è deciso di lavorare sia all'integrazione delle opere disperse sia allo sviluppo di nuovi elementi di museologia e intrattenimento culturale. Ad esempio l'installazione "Ripopolare la reggia", dove decine di personaggi in costume descrivono la vita nella Reggia, tra cui Piero Chiambretti, Luciana Littizzetto, Remo Girone, Martina Stella, Ornella Muti, Elio.
In sostanza la Reggia di Venaria Reale è un esempio oggettivo della capacità di investimento nella cultura, che ha portato alla rinascita di un intero comune e ad un'offerta culturale tra le più ampie e innovative. Certo non si tratta di progetti che possono concludersi nel breve periodo, ma un lavoro serio e costante nel tempo può portare a risultati che sono sotto gli occhi del pubblico. E dispiace davvero osservare tante occasioni, come Pompei o il caso della Reggia di Carditello, che soffrono della pigrizia burocratica e dell'incapacità di chi dovrebbe avere parecchio da fare.
P.S. Questo articolo fa parte di una serie di post per partecipare al team digitale di Florens 2012, la settimana internazionale dei beni culturali e ambientali che si svolgerà a Firenze dal 3 all'11 novembre