Il buono il brutto il cattivo chiude la trilogia del dollaro

Creato il 12 dicembre 2012 da Postpopuli @PostPopuli

di Emiliano Morozzi

Una cassa piena di dollari, tre uomini disposti a tutto per mettere le mani su quel denaro: si può riassumere così la trama de “Il buono, il brutto, il cattivo“, il capolavoro di Sergio Leone che chiude la “trilogia del dollaro“.
Un film che ha fatto la storia del cinema e che ha consacrato il genere del “western all’italiana”, un film che non ha certo nella trama il suo punto di forza: mentre due pistoleri, Joe, detto “Biondo”, e Benedicto Pacifico Juan Maria Ramirez, detto “Tuco”, si guadagnano da vivere truffando la legge (Tuco si fa arrestare, Biondo incassa la taglia e poi libera il compagno al momento dell’impiccagione, dividendo con lui i profitti), uno spietato killer a pagamento chiamato Sentenza (il cui motto è “porto sempre a termine il lavoro quando qualcuno mi paga”) viene a sapere dell’esistenza di una cassa piena di dollari, ben 200.000, fatta sparire dal soldato confederato Jackson, capace di nascondere le proprie tracce anche a un segugio come il sicario, dopo aver cambiato nome in Bill Carson. Mentre i due ex compari sono intenti a vendicarsi l’uno dell’altro (prima Biondo scioglie la società lasciando Tuco nel deserto senza acqua e senza un soldo, poi Tuco ripaga il socio con la stessa moneta) Sentenza seguendo le tracce di Bill Carson arriva ad un campo di prigionia nordista e si arruola arrivando al grado di sergente. E’ qui che i due incontrano il killer, dopo essere venuti a conoscenza del segreto dei 200.000 dollari ed essere stati costretti ad una pace forzata: Tuco infatti si è fatto dire dove si trova la cassa, all’interno di un cimitero di guerra, ma Biondo è riuscito a sapere l’ubicazione esatta della tomba che nasconde tutti quei dollari. Dopo essersi immersi nella tragedia della guerra civile (la battaglia per la conquista del ponte Langstone) i tre arrivarono per vie diverse all’appuntamento finale con il tesoro: è lì, nello spiazzo del cimitero, che si svolgerà il triello, un duello a tre (almeno nella forma, perchè nella realtà Tuco ha la pistola scarica) reso celebre dalle inquadrature sullo sguardo dei personaggi, dal montaggio sempre più veloce e da una colonna sonora degna dell’Oscar: “Estasi dell’oro” prima e “Triello” poi sono le musiche che accompagnano i momenti salienti del film, che si chiude con una indimenticabile battuta: “Ehi biondo, lo sai di chi sei figlio tu? Sei figlio di una grandissima putt…” e parte la sigla finale.

Il celebre “triello” e i suoi protagonisti (wikipeda.org)

Questa la storia, ma per capire la grandezza e l’importanza del film bisogna cercare altrove: prima di tutto nell’idea di fondo di Leone, che voleva demistificare in un western quei valori descritti dal titolo, dimostrando la loro inesistenza in senso assoluto. Così “il buono”, interpretato da Clint Eastwood, è cinico e capace di uccidere con indifferenza, “il brutto”, Eli Wallach, è un personaggio che dietro l’apparenza di ladruncolo vagabondo nasconde una sua umanità che viene fuori durante l’incontro col fratello frate, umanità che invece manca al “cattivo” Lee Van Cleef, che si muove sulla scena con la freddezza di un automa, bravissimo nell’interpretare un ruolo parecchio distante dalla sua personalità (al punto che si trovò molto in difficoltà nel girare la scena dove doveva picchiare una prostituta per estorcerle notizie su Bill Carson).
Gli attori si calano a meraviglia nei rispettivi ruoli, e se dovessi fare una personale classifica metterei per ultimo proprio Clint Eastwood: perfetto per il ruolo del pistolero dagli occhi di ghiaccio, dalla pistola veloce e dall’inflessibile calma, ma assai meno bravo quando deve esprimere qualche altro sentimento. Magistrali invece le interpretazioni di Van Cleef e soprattutto di Wallach: il primo capace di calarsi alla perfezione nel ruolo del cattivo spietato, il secondo bravissimo nell’interpretare un personaggio dalle mille sfaccettature come Tuco.
Ad accompagnare la cavalcata dei tre protagonisti verso la meta, le musiche composte dall’orchestra di Ennio Morricone e gli assoli di chitarra di Pino Rucher, che rendono memorabili alcuni momenti salienti del film e soprattutto il suo epilogo: “Estasi dell’oro” e “Triello” accompagnano l’arrivo al cimitero e il duello finale, anzi, il triello, perchè stavolta i contendenti sono tre. Leone mette in scena il “mexican standoff”, lo stallo alla messicana, una sfida tra pistoleri nella quale ognuno tiene sotto tiro l’altro e non può attaccare di sorpresa, un momento che diventerà un clichè nelle successive pellicole western. E’ questo il momento clou del film: sette minuti di musica senza un dialogo, sette minuti di suspence che sembrano non terminare mai. Prima la chitarra di Rucher, mentre gli attori si posizionano in quella meravigliosa arena di pietre, poi l’orchestra, mentre la tensione sale e sembra dilatarsi all’infinito grazie alla regia di Leone, che monta a fasi alterne e in maniera sempre più rapida i volti, le mani che corrono verso le pistole, gli occhi che riflettono gli stati d’animo dei duellanti. Poi gli spari, l’epilogo tra i due sopravvissuti e la sigla finale ad accompagnare la cavalcata solitaria di Clint Eastwood, che lascia al socio metà del bottino dopo avergli però fatto pagare la passeggiata senz’acqua nel deserto. Per gli amanti del genere western un film da mettere nella propria collezione, per tutti gli altri una pellicola che consiglio caldamente di vedere.


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