Il cacciatore di anatre

Da Nonnapapera

Il titolo non mi aveva attirato, pensavo a qualcosa ambientato negli USA, con cacciatori impallinati (scusate il gioco di parole, ma mi piaceva troppo) nello sparare a tutto ciò che vola.

Ma poi ho iniziato a a leggere la trama e ne sono stata conquistata
Leggetela anche voi e ditemi se non faccio bene a mettermi alla caccia (:-)) di questo film.
Un film che non ti aspetti da un giovane esordiente italiano, Egidio Veronesi, già attivo nel campo del documentario. Una fiction intensa e struggente che riporta in auge un genere dimenticato come il melodramma storico. Un film girato nel 2011, vincitore di un numero indescrivibile di premi (23 primi posti e 113 nomination) nei più svariati festival di tutto il mondo. In uscita il 4 dicembre 2014, grazie a un coraggioso distributore indipendente: Witherose Pictures di Lorenzo Lombardi, già regista del discreto horror In the market.
Il cacciatore di anatre è narrato con la tecnica del flashback dal solo protagonista che riesce a invecchiare, il mezzadro Mario che soffre le angustie della Seconda Guerra Mondiale (combatte e fa ritorno a casa) e la perdita della moglie, ma corona il sogno di vedere la figlia pianista di successo. Romanzo di formazione, storia di un’amicizia intensa tra quattro persone molto legate tra loro. Loris corre dietro a ogni sottana e viene ucciso da un fascista tradito dalla compagna; Gino è un cacciatore che ama mangiare anatre, vendicherà l’amico morto e sarà fucilato come disertore; Oreste, innamorato della sua moto, morirà in un banale incidente stradale. Una serie di storie e di esistenze concatenate, ambientate tra Mirandola e Finale Emilia, girate con padronanza tecnica e puro stile cinematografico, tra piani sequenza, primi piani, panoramiche e carrelli. Lontano mille miglia dal television movie, vero cinema, che racconta le condizioni di vita dei contadini emiliani durante la Seconda Guerra Mondiale. Il fascismo resta sullo sfondo delle vicende personali, la guerra viene citata con filmati d’epoca in bianco e nero, la scenografia è curata nei minimi particolari, i costumi sono perfetti.
Una voce fuori campo (Mario invecchiato), poetica e mai invadente, conduce per mano lo spettatore tra le pieghe della storia, fotografata con toni ocra e verde scuro, accompagnata da una suggestiva colonna sonora al pianoforte. Colore d’epoca rispettato, tra balli sull’aia, sagre di paese, tempo passato in osteria e corse su strade sterrate a bordo di vecchie moto. Notevoli dissolvenze, spaccati di realtà tra campagna e pianure, parti oniriche, cartoline del tempo perduto, suggestive e coinvolgenti. Ricordiamo alcuni giochi di dissolvenze incrociate che presentano Gino alle prese con la riparazione della moto. La mietitura, i fascisti prepotenti, le mancanze del quotidiano, i poveri costretti a rubare e – nonostante tutto – sempre innamorati dei loro sogni.
Un film teatrale, ben recitato dagli interpreti, che il regista guida con mano ferma, così come usa a dovere la macchina da presa nei suggestivi esterni. Lo stile ricorda Olmi (L’albero degli zoccoli), ma anche il Pupi Avati delle piccole storie di provincia, oltre al fatto che certi casolari emiliani suggeriscono l’ambientazione de La casa dalle finestre che ridono. Molta poesia nel descrivere la fine dell’innocenza e lo sfiorire dei sogni, anche se Mario nelle ultime sequenze afferma: “Ho vissuto come ho potuto e come ho dovuto, ma ne è valsa la pena, perché il mio sogno si è avverato”. Calzante la citazione finale, da John Updyke: “A volte i sogni si avverano. Per questo la natura ci incita a sognare”. Un film che uscirà in qualche sala, ci dicono. Un film che vorremmo vedere nei migliori cinema, il fine settimana e durante le festività natalizie, al posto di tanto inutile cinema italiano contemporaneo e di troppe stupide commedie americane. Sappiamo che non accadrà, ma in ogni caso noi siamo qui per dirlo.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . Regia: Egidio Veronesi. Soggetto: Loris Barbi. Sceneggiatura. Egidio Veronesi. Fotografia: Alessio Valori. Montaggio: Paolo Marzoni, Diego Berrè. Scenografia: Silvio Mazzoli, Gianni Santi. Costumi: Marino Bucci. Suono: Marco Parollo, Diego Schiavo. Musiche: Beppe D’Onghia. Distribuzione e Ufficio Stampa: Witherose Pictures. Titolo originale: Il cacciatore di anatre. Titolo inglese: The duck hunter. Genere: Drammatico, Bellico. Durata: 90’. Italia, 2011. Ambientazione: Emilia Romagna. Produzione: Novantaseidodici, Cinemaline. Produttori associati: Maxman, Fondazione Cassa di Risparmio di Mirandola. Produttori Esecutivi: Maurizio Panini, Egidio Veronesi. Interpreti: Federico Mazzoli, Francesca Botti, Augusto Gatti, Giorgio Paltrinieri, Paolo Lodi, Anna Ascari, Simone Tonini, Libero Bortolazzi, Paola Bianchi.

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