Ho letto questo libro con calma, sotto l'ombrellone, al mare, come non mi capitava da tempo, con una disposizione d'animo nuova e insieme lontana. Quel senso proprio di entrare nelle pagine, di essere nella storia (e nella Storia) completamente, inequivocabilmente. Ho notato proprio una corrispondenza che ti fa pensare, alla fine, senza dubbio, che grazie ai libri non si è mai davvero soli. Semplice, ma reale.
Mi sento comunque un po' esitante nel raccontarlo, perché questo libro è così vicino a me, così intonato con la mia vita che quasi non trovo le parole.
D'altro canto, come diceva qualcuno, "è difficile parlare di sé". Proprio così difficile qualche volta. Come anche parlare dei libri che per qualche ragione, di te, iniziano a fare parte dall'oggi al domani. E senza nemmeno sceglierli, ricevendoli in regalo.
Questo infatti è uno di quei libri che ho potuto gustare, letteralmente, in anteprima. In questi giorni in libreria, io lo stringevo tra le mani già in spiaggia, e ne percepivo il valore in anticipo. Mi pareva allora di essere come quei genitori che preparano i regali di Natale sotto l'albero e non stanno nella pelle in attesa della reazione dei figlio. Insomma, credo, o comunque qualcosa di simile.
Quindi ora sono qui che immagino che cosa ne penseranno quelli che lo avranno tra le mani, che ne penserete voi, che effetto vi farà se lo leggerete.
Non che questo sia un libro ammiccante, per romantici degustatori di bevande calde, questo no, non aspettatevi banalità o idilliache preparazioni aromatiche in punta di cucchiaino. O meglio, sì, aspettatevi il rituale del caffè lì dove assume significati anche più profondi dei nostri, di ricognizione, di divinazione, di depositario assoluto del destino - ma anche la storia di una ragazza normale, Qamar, una trentenne, divisa tra le sue origini musulmane, le estati passate nella Grande Casa in Giordania, l'iniziazione al caffè delle donne del titolo, il primo amore, il primo dolore, e una vita invece tranquilla, quieta, all'apparenza, a Milano, con il fidanzato italiano, il lavoro in ufficio, la frenesia dell'occidente, la malinconia della città, le sue contraddizioni.
Due mondi così lontani, così estremi, fatti di luci calde e colori abbaglianti e di pioggia, di sciarpe, di sabbia, di sole e di cemento; di affetti e regole violente, rassicurante quotidianità, irrequietezza, obblighi e aperitivi, tradizioni e modernità e dove comunque non è raro identificarsi: chi non è mai stato diviso in due, per qualsiasi ragione, anche non necessariamente geografica o culturale, almeno una volta nella vita?
Qamar è dunque una ragazza normale, che si trova però, nella sua normalità, a dover affrontare e risolvere questioni straordinarie, gravose; sfide quotidiane, sfide grandi, perdite, riconciliazioni, silenzi, parole. Un percorso tortuoso che la giovane autrice Widad Tamimi racconta con grazia e gentilezza.
E poi c'è il caffè.
Che è il filo conduttore di tutta la storia, è coprotagonista della narrazione, come quegli oggetti magici delle fiabe, ha un significato, scintilla di memoria, di prospettive, racconta la sua verità, ne tratteggia i contorni, è proprio come una colonna sonora, cambia, risuona differente a seconda di chi lo beve e dove lo beve e addirittura in che contenitore: sottolinea gli snodi della trama e accompagna i personaggi e lettori con forza e con amore.
Mi è piaciuto, mi ha sorpresa, mi ha commossa e adesso mi manca anche un po'.
Buona lettura e buon caffè.
c\_/