Il caffé è più di una tradizione, nel nostro paese come nella maggior parte dei paesi del mondo, è un rito, un’abitudine talmente radicata che sembra appartenerci da sempre. Ad indicare il valore del sapore nell’intera faccenda è l’importanza che gli italiani danno alla qualità del prodotto. Sono molto esigenti, specialmente al sud.
Il rituale italiano pare fondato su di un istante al sapore intenso.
E il momento della bevuta diventa l’attimo in cui gli italiani trovano la loro concentrazione. Dopo una tazza di caffè sono pronti. Lo stesso si può dire delle pause caffè, quando uno entra al bar giusto il tempo per bere uno. Eppure bisogna fare attenzione perché per la legge non c’è consuetudine che regga. Una sentenza del Tar di Trento ha appena respinto una richiesta di ricorso presentata da un dipendente pubblico contro un provvedimento disciplinare avanzato nei suoi confronti. Il provvedimento disciplinare preso dalla Questura del capoluogo trentino nei confronti di un poliziotto che si era allontanato dal suo posto di lavoro per prendere il caffé alla macchinetta. I giudici del tribunale amministrativo hanno scritto che il ritiro di acqua e caffè non è “l’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito” ma solo “un comportamento non conforme a canoni di diligenza e scrupolo professionale”. Il gesto, inoltre, non sembra “decoroso”, in quanto all’inizio del turno “si presume che una persona abbia già fatto colazione”. Questa la risposta, che farà discutere, del Tribunale amministrativo al ricorso presentato da un avvocato che chiedeva l’annullamento del provvedimento disciplinare.
Insomma va bene la tradizione e l’odore inebriante del caffè ma attenzione a bar , macchinette e soprattutto a colleghi chiacchieroni. Chissà se una sentenza del genere avrebbe fortuna nella patria del “caffè sospeso”, Napoli. Si tratta di un usanza molto antica. secondo la quale gli avventori lasciano una o più consumazioni già pagate per i futuri clienti. L’antica tradizione partenopea come pretesto per scambi solidali, lasciare un caffè pagato al bar per chi non può permetterselo. Pochi centesimi per regalare un caffè a chi dovrebbe rinunciare anche a quello. Non si tratta di elemosina ma di un atto di condivisione dei problemi, solidarietà e comprensione. Un gesto semplice, ma dal grande valore simbolico. Una grande lezione di solidarietà da parte di un popolo spesso sui giornali per la cronaca nera che non per quello che ha dato alla storia e alla cultura del paese. Come non ricordare, infine, l’ispirazione che la “tazzulella” ha offerto ai cantori di Napoli nelle tante canzoni partenopee che hanno per protagonista il caffè. Così come la celebre scena del caffè rappresentata da Eduardo in “Questi fantasmi“, a testimonianza di un legame indissolubile tra la città e il suo “oro nero”.