Germania, 13 Settembre 2012.
Si è tanto parlato di personalità di spicco che fanno outing (ammettere pubblicamente la propria omosessualità in pubblico N.d.R.), ma sempre nel mondo del cinema o della musica. Il ritornello cambia se ad esprimersi in questo senso sono, invece, degli sportivi, in particolar modo se a farlo sono dei calciatori.
L’immaginario collettivo vuole il calciatore come l’esemplare modello di uomo virile sottintendendo la sua eterosessualità, ma cosa succede se quello stesso calciatore vendesse un’immagine di sé non reale?
“Fingo di essere etero” dichiara, infatti, “e preferisco non rivelare la mia identità, o tutto quello che amo, il calcio, la mia passione, verrà dimenticata a seguito di articoli e titoli vari”, prosegue nella sua confessione anonima.
La cancelliera Angela Merkell si è subito pronunciata a favore dell’outing, ha dichiarato infatti che la Germania è un Paese che non ha vedute strette e che “forse sarebbe ora che i vari allenatori e dirigenti delle squadre si preparassero a un’ondata di confessioni, e che lo facessero in maniera positiva”. La Merkell ha poi aggiunto che non sarebbe negativo se questi svelassero la loro vera natura e il loro vero io “non abbiate paura“, ha esortato nell’augurio di una più ampia libertà di espressione e nel rispetto dei diritti dei cittadini.
Una bella immagine quella fornita dalla Merkell, ma non quella globale.
Dover nascondere se stessi per paura di non poter più avere una vita decorosa, perché additati come diversi è segno di mentalità retrograda.
Fare outing è dichiarare la propria persona, omosessualità e nome, legati. In caso contrario, qualunque cosa sia non è libertà di espressione.
Veronica Sgobio