"il calcio alla sbarra": qualche innocente?

Creato il 25 settembre 2011 da Alessandro @AleTrasforini

Il paragone tra calcio e Italia viene citato come reale anche tra gli attori di quell'immenso carrozzone che dovrebbe rappresentare uno degli svaghi maggiormente amati dagli italiani:  "Il calcio ha tanti problemi ma non penso che stia peggio della media della società italiana." E' questa la frase riportata nell'ultimo libro scritto dal duo Beha-Di Caro, "Il calcio alla sbarra", ripresa del precedente "Indagine sul calcio" datato 2006. Pronunciata dal Presidente FIGC Giancarlo Abete, denota un'amara consapevolezza che è da troppo tempo diffusa in tutto lo stivale. Nelle oltre settecento pagine dell'opera si mescolano storie e volti che squarciano quel velo imponente posto sullo sport più conosciuto come semplice sommatoria di partite e scontri diretti.  Il paragone, forse mai più azzeccato, rende pieno demerito a quello sport che Pasolini definì come "ultima rappresentazione sacra del nostro tempo." Guardando tra i paragrafi della presente opera, purtroppo, il rischio minimo è quello di sprofondare in un qualcosa che di sacro non ha più nulla.  Il viaggio descritto e recensito, ripreso dall'ormai lontano 1982, descrive un mondo nel quale società e sport si mescolano ad altri fattori che definire debilitanti è riduttivo: mafia, sanità malata, eccessivi soldi e doping sono solo alcuni dei mali che attanagliano il sistema.  Lo sport del pallone finisce con il poter essere riassunto con le cosiddette tre D impiegate nel libro: doping, denaro, diffidenza. La logica passante per i punti chiave vittoria-pareggio-sconfitta-retrocessione-scudetto-coppa nient'altro è che la punta di un iceberg molto più grande?  Il mondo che chiamiamo calcio-Italia viene descritto dalle penne degli autori come un universo sterminato, nel quale la logica dello sport puramente inteso per divertire è un lontano e timidissimo miraggio.  Attraverso articoli e dialoghi divenuti prove tangibili e reali del sistema calcio, pertanto, diventa possibile dipingere un mondo nel quale chi lotta per cambiarlo finisce per essere escluso. Epico e riassuntivo è il quadro riassunto dalle parole consegnate alla storia dal dibattito Lippi-Zeman:  "[...]Lippi: (riferendosi a Zeman, nds) Non è giusto criticare il sistema e continuare a farne parte. Zeman: Uno ne può continuare a far parte perchè lo vuole cambiare e lo vuole far diventare pulito." Tentare la pulizia di un sistema è, forse, cosa irrelizzabile in questa Italia prima moderna e poi contemporanea? Le storie si susseguono, componendo un quadro lungo quasi trent'anni che è impossibile riassumere in maniera esauriente. Al di là di ogni interpretazione possibile, però, è possibile vedere nel sistema calciomoltissime analogie con il sistema Italia.  Quello che avrebbe potuto essere sintesi di svago, spettacolo e divertimento ha finito con il trasformarsi in ennesimo sintomo del malessere che attanaglia il Paese.  Chi prova a cambiare gli aspetti negativi di un sistema finisce, forse, per essere espulso con la motivazione addotta dall'eccellente Lippi che tutti ben conosciamo: "Non è giusto criticare il sistema e continuare a farne parte." Far parte di un sistema, sia che si chiami calcio od Italia, significa forse adeguarsi integralmente a certe fosche logiche che lo compongono? Su questo fronte, inevitabilmente, mettere alla sbarra letteraria il calcio può costituire una lente d'ingrandimento con cui processare, senza presunzione di innocenza, anche l'Italia e gli italiani.  Dopotutto, forse, nel pallone non c'è solo il calcio. Il resto sono pagine di un libro molto interessante, figlio anche delle tante possibili opinioni diffuse sulla figura del giornalista e co-autore dell'opera Beha. Ai lettori l'ardua sentenza. 

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