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Il Campobasso tra un garage ed un bar. La storia di un azionariato popolare

Creato il 04 novembre 2014 da Stefano Pagnozzi @StefPag82
Il Campobasso tra un garage ed un bar. La storia di un azionariato popolare
Giugno 2013, Il Campobasso raggiunge la salvezza sul campo in quella che era  la Lega Pro Seconda Divisione, ma non si salva dalla negligenza e dall’incapacità di una società, targata Ferruccio Capone, ormai da anni allo sbando.  Il rancore era più forte del dispiacere che può dare l’ennesimo fallimento dopo neanche 10 anni dal precedente. Era un anno intero che il Nucleo Zasso contestava dalla Curva Nord dirigenti e società, mentre gli Smoked Heads disertavano lo stadio con determinazione e sacrificio per protesta. Una mezza dichiarazione sulle tv locali, un prestanome, per portare i libri contabili in tribunale, e poi il nulla. Tutto era definitivamente finito.
“Uagliù, siamo falliti”; “Capone, Di Palma che uomini di m…”; “basta non ne voglio sapere più niente”.
Quel pomeriggio d’estate lo volevamo comunque passare tra noi, come sempre, come dopo la domenica quando ripiegate le pezze in curva, sentiamo ancora la voglia di stare insieme, anche perché solo tra di noi potevamo liberare quella delusione che altri, distanti da quei gradoni, mai avrebbero compreso: “tutti al garage di Albertino uagliù, c’ema vre p’ forza”.
Insieme la rabbia si smaltisce meglio, anche se il dispiacere rafforzava il silenzio. Ed è proprio in quel garage che a molti di noi venne la voglia di riunire più gente possibile per cercare di ritrovare la strada, per cercare di smuovere qualcosa, per non far cadere tutto nell’oblio. L’apatia data dallo sconforto finì immediatamente, dovevamo organizzare qualcosa. “Ma che c’ema ric’ alla gent’?”;  “ma chi ci viene a sentire a noi?”. Nonostante un velo di scetticismo iniziarono le prime telefonate, telefonate agli altri ragazzi della curva, all’avvocato Mancini, al notaio Giordano, a Giulio Perrucci, a tutti quelli che in città si spesero per il Campobasso già in tempi passati, professionisti che potevano dare credibilità ad un’ ipotetica assemblea. Il giorno successivo fissammo l’incontro con gli altri ragazzi della Nord, davanti al bar “Manzoni”, il tavolino era quello di sempre, le birre anche, pochi forse immaginavano che in quel momento stavamo ridando vita al Campobasso.
L’azionariato popolare doveva essere riproposto, anche se in passato non andò a buon fine, bisognava riunire chi ci lavorò anni addietro e spingere la gente a crederci di più. C’erano molte perplessità, ma si andò avanti lo stesso. Chiamato Tonino Minadeo, il capitano era lì, dopo neanche 5 minuti. Telefonate a non finire, l’assemblea si deve fare, speriamo che viene gente, la sala della Provincia? Biblioteca Albino? “Uagliù muovemc’!!!” ok, Biblioteca Albino.
Ricordo la notte prima dell’assemblea, la ricordo perchè mi accorsi di quanto lunga può essere una notte se non riesci a chiudere occhio e hai l’affanno per la responsabilità che ti impone il giorno successivo. Bisognava iniziare a metterci la faccia, la sala era stracolma, io e Luca non avevamo nessuna verità in tasca, le mani sudavano, accendiamo i microfoni, “Salve a tutti, ricominciamo”.Nasce il comitato, imprenditori locali credono nel progetto, si raccolgono le quote, si ricomincia.
La città ha risposto presente, iniziano arrivare i primi bonifici all’Associazione “Noi Siamo il Campobasso” costituita in fretta e furia, i primi nomi sono quelli di sempre, di chi non abbandona mai la propria squadra, di chi ci si identifica da sempre e viaggia per l’Italia sostenendola 90 minuti. L’IBAN dell’associazione gira in tv, sui giornali, sui social, la quota di 50 euro significava solo una cosa, riscatto sociale, per una città e un popolo troppo spesso messo alle corde da forestieri affaristi, insultato e venduto al primo ladrone di turno. L’acquisto di una quota per continuare a gridare “NOI SIAMO IL CAMPOBASSO” e difendere i nostri colori, ancora una volta, tutti insieme. La squadra come lo specchio della città, il passo mai più lungo della gamba, faremo il campionato che possiamo permetterci, fosse anche la polverosa categoria regionale, vogliamo un calcio diverso, riprendiamoci la nostra squadra! Questa voglia di risorgere immediatamente coinvolse giorno dopo giorno tuta la città, e l’iscrizione nell’Eccellenza regionale venne percepita come la nascita del figlio primogenito, come un piccolo miracolo sociale.
Settembre 2013 il Campobasso ha un Presidente, Giulio Perrucci, rappresentante dei tifosi, ha uno sponsor forte grazie ad Edoardo Falcione e altri imprenditori locali, ha una dirigenza intera che lavora a testa bassa ogni giorno, ha il suo capitano che scende di due categorie per indossare ancora la maglia rossoblu sulla quale è ben impresso il codice IBAN dell’Associazione.
La palla ricomincia a rotolare, centinaia di persone si attaccano alle reti che circondano gli umili campi di eccellenza, il Campobasso è vivo, la Curva Nord anche, si torna a sostenere!
Oggi Il Campobasso gioca in serie D, ha vinto il campionato di eccellenza, coppa regionale e coppa nazionale. La Curva Nord “Michele Scorrano” ospita migliaia di tifosi ogni domenica, e qui da noi, nessuno pensa che sia una semplice casualità  l’imbattibilità di 58 partite consecutive, come il Milan di Sacchi, meglio della Juve di Conte, certo, c’è la differenza di categoria, o forse no, forse l’unica differenza sostanziale è che a Campobasso da semplici tifosi paganti si è diventati squadra, e dalla curva ogni domenica si sentirà il coro “NOI SIAMO IL CAMPOBASSO”  e tutti noi noi sappiamo che nessuno mai potrà più impedirci di esserlo.
di Andrea Vertolo da: sportpeople.net

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