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Il candore arcaico di Henri Rousseau (Palazzo Ducale – Venezia)

Creato il 18 settembre 2015 da Wsf

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“Autoritratto – 1893”

La reggia del Doge di Venezia ospita la retrospettiva pittorica di Henri Rousseau. Il doganiere autodidatta e ingenuo che viene ormai considerato universalmente come il precursore dell’arte Naif.

La sua pittura simbolica e ricchissima di colori si mostra fiera e onirica nelle otto sezioni che compongono la mostra veneziana.

Non particolarmente amato dalla critica del suo tempo per il suo stile bidimensionale e semplice, colpisce al cuore invece quella che sarà l’elité intellettuale e pittorica del periodo.

Autori come Apollinaire, Jarry uniti ad altri grandi nomi della pittura del tempo come Cezanne, Carrà, Frida Kahlo, Diego Rivera, Kandiskj, Picasso renderanno Rousseau un artista spartiacque che accompagna la fine della pittura classica e conduce alla nascita della pittura Naif.

La carriera artistica ed umana di Rousseau inizia a Naval, piccola città francese in cui il pittore nasce e muove i primi passi nel mondo. Figlio di una famiglia di estrazione piuttosto modesta non rivela subito grandi attitudini scolastiche e personali, ma il futuro ha in serbo per lui la gloria dei grandi.

Nel 1777 trova lavoro nella città di Parigi come doganiere. Un titolo questo, che lo accompagna fino alla sua morte.

Artista estremo quanto cinicamente ironico nella rappresentazione del mondo che lo circonda, dipinge la sua prima opera nel 1886.

“La sera di Carnevale” contiene già tutti gli elementi che caratterizzano la sua produzione artistica. Sono ben visibili infatti le due figure, appena abbozzate, che vengono sovrastate dagli alberi spogli e dal cielo plumbeo.

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“la sera di carnevale – 1886”

Le atmosfere oniriche e i paesaggi incantati si scontrano con la rappresentazione filtrata della vita borghese. Va infatti ricordato che Rousseu non cerca la riproduzione della realtà, quanto più la rappresentazione della propria interiorità, carica di tutti quei simbolismi che omaggiano l’arte primitivista.

La natura selvaggia è uno degli elementi che più colpiscono l’attenzione del visitatore, una foresta fitta, lussureggiante e coloratissima, frutto della realtà creata dall’autore. Il candore del sogno che si contrappone alla realtà in un nuovo spazio magico e realistico. Luogo d’incontro in cui le figure diventano miti, totem immutabili ed eterni che piegano al loro volere il tempo e lo spazio.

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“L’incantatrice di serpenti – 1907”

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“Sorpresa! – 1891”

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“La zingara addormentata – 1897”

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“La guerra – 1894”

In ultima analisi, ma non per importanza è bello porre l’accento sulle immagini della vita borghese, che l’artista rielabora in opere come “Il calesse di papà Junier” o “Uomo cavalca una tigre con Ukelele”. Qui ritorna e si conclude tutto il suo ciclo narrativo ed artistico, che si è dipanato su decine di tele e si conclude nel 1910 con la sua morte.

Di Henri Rousseau ci rimane il suo sguardo infantile, candido e ricchissimo di quella semplice profondità che solo i bambini e i grandi artisti sono capaci di esprimere.

“Perdona il mio scarabocchio, è tardi e ho una candela consumata.”

Henri Rousseau

Christian Humouda


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