Dai toni caldi e esasperati, e dai sogni tenuti a fatica nel cuore della periferia di Roma, Paolo Virzì compie un passo decisivo, come uno stacco necessario, attraverso il quale tutto il baricentro della sua filmografia si sposta. Si sposta e provoca un netto sbalzo, permettendo così a se stessa di cambiare sfondo, rimanendo tuttavia saldamente ancorata all'occhio attento, bramoso di verità. E l'occhio di Virzì scruta l'uomo e la donna fin dentro le viscere, apre le porte di una casa di lusso e permette a tutti di vedere come vive una famiglia altolocata, in Brianza. E fa lo stesso con la famiglia più modesta, collocata leggermente più in basso rispetto a quella del freddo Bernaschi. Nonostante il Dino Ossola di Fabrizio Bentivoglio ricordi una maschera della Commedia dell'Arte, sfacciato, opportunista, un po' ruffiano, il film è nell'insieme un dramma dal sapore noir. Virzì procede lungo una suddivisione in capitoli, sono quattro in tutto, e ognuno di questi porta lo spettatore a ritroso, a partire da un prologo abbastanza evidente, verso la verità che spieghi una volta per tutte i fatti. L'intenzione è quella di mostrare come la morte accidentale di un perfetto estraneo, possa stravolgere le vite di due famiglie in realtà tanto diverse, eppure lacerate dagli stessi drammi interni. L'incomunicabilità, l'ipocrisia, i sorrisi bugiardi, il bisogno di apparire sempre senza un capello fuori posto. La disperazione che diventa sfacciata adulazione, la noia che annienta e i sogni che tornano alla memoria, in superficie, dentro la pelle.
Dai toni caldi e esasperati, e dai sogni tenuti a fatica nel cuore della periferia di Roma, Paolo Virzì compie un passo decisivo, come uno stacco necessario, attraverso il quale tutto il baricentro della sua filmografia si sposta. Si sposta e provoca un netto sbalzo, permettendo così a se stessa di cambiare sfondo, rimanendo tuttavia saldamente ancorata all'occhio attento, bramoso di verità. E l'occhio di Virzì scruta l'uomo e la donna fin dentro le viscere, apre le porte di una casa di lusso e permette a tutti di vedere come vive una famiglia altolocata, in Brianza. E fa lo stesso con la famiglia più modesta, collocata leggermente più in basso rispetto a quella del freddo Bernaschi. Nonostante il Dino Ossola di Fabrizio Bentivoglio ricordi una maschera della Commedia dell'Arte, sfacciato, opportunista, un po' ruffiano, il film è nell'insieme un dramma dal sapore noir. Virzì procede lungo una suddivisione in capitoli, sono quattro in tutto, e ognuno di questi porta lo spettatore a ritroso, a partire da un prologo abbastanza evidente, verso la verità che spieghi una volta per tutte i fatti. L'intenzione è quella di mostrare come la morte accidentale di un perfetto estraneo, possa stravolgere le vite di due famiglie in realtà tanto diverse, eppure lacerate dagli stessi drammi interni. L'incomunicabilità, l'ipocrisia, i sorrisi bugiardi, il bisogno di apparire sempre senza un capello fuori posto. La disperazione che diventa sfacciata adulazione, la noia che annienta e i sogni che tornano alla memoria, in superficie, dentro la pelle.
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