Difficilmente ci saremmo aspettati, leggendo il libro di Amidon, di vederlo adattato sul grande schermo da un regista che ci ha da sempre abituati all'ironia e alla tenerezza con cui ha saputo raccontare l’evoluzione della società italiana. La stessa struttura del libro, a più voci e diacronicamente irregolare, presenta non poche difficoltà così come lo slittamento dalla realtà americana alla nostra. Ma il regista livornese se la cava egregiamente; sceglie di dividere la sua pellicola in tre capitoli personali (Dino, Carla e Serena) cui fa seguire una conclusione corale, vera e cruda riflessione su quanto narrato.
Virzì decide di omettere alcune interessanti pagine sul passato di Carrie/Carla e del marito Quint/Giovanni, apportando necessarie varianti come quella delle origini di quest’ultimo; il regista ha infatti spiegato come nel passato di Giovanni non ci potesse essere una famiglia umile, così come invece nel libro, perché in Italia la ricchezza e il potere sono riservati alle famiglie che già li detengonoAlcune aggiunte risultano poi macchiettistiche, ad esempio il bacio ricattatorio di Dino a Carla e l’inserimento del gretto assessore lumbard che ha scatenato le sterili polemiche leghiste sulla pellicola. Spiace che la figura dello zio di Ian, David (tradotto letteralmente in Davide nel film) così egregiamente tratteggiata nel libro, sia invece stata relegata a margine e rappresentata solo nella sua parte più rozza e meschina. Grande ed unico punto di riferimento per il ragazzo, David è sì un uomo con i suoi difetti ma è anche mosso all’ errore dal troppo amore che ha per Ian/Luca e per la sorella defunta
E il povero ciclista? Nel romanzo come nel film, è destinato ad essere una semplice pedina nel terribile e spietato gioco di scacchi che è la società attuale. Non c’è posto per il dolore, per il rimpianto nel mondo benestante in cui tutto ha un prezzo, anche la vita delle persone. Drew/Dino sfrutta la situazione a suo vantaggio, I Manning/Bernaschi ne usciranno puliti riprendendo la vita di sempre e anche lo stesso Luca/Ian, macerato dal senso di colpa, avrà una nuova possibilità nella pellicola di Virzì. È proprio qui che il film rivela la sua freddezza; nel romanzo di Amidon, il finale drammatico arriva come un pugno nello stomaco ma è in qualche modo immaginabile e forse troppo buonista. Sul grande schermo la scena finale ci lascia interdetti ma fa riflettere; tutti avranno la possibilità di guardare avanti anche se nessuno è innocente. Ciò che resta è il rimborso che i genitori di Massimiliano danno ai familiari della vittima, per calcolare il quale“vengono prese in considerazione l’età, il lavoro svolto, la potenzialità dei guadagni persi e, soprattutto, la qualità e la quantità delle sue relazioni: lo chiamanoil capitale umano”.Articolo originale di Sentieri letterari. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore. I contenuti sono distribuiti sotto licenza Creative Commons.