6 gennaio 2014 • Primo Piano, Vetrina Cinema, Videos •
il commento di Claudia CatalliSummary:
Raccontare la crisi e i suoi postumi, soprattutto morali. Descrivere figli allo sbando e genitori ancor più persi dietro la rincorsa folle al dio denaro che tutto corrompe e corrode. Inserire nel contesto di un noir cupo, cupissimo, sprazzi di ironia e inserti di ilarità quasi involontaria, ricordando a chi guarda che è di vita, della nostra vita che si sta parlando. E la vita non fa solo ridere o solo piangere, è vita. Come tale crudele, amara, buffa, goffa, complicata. Paolo Virzì sembrava aver dimostrato a sufficienza di saperla raccontare sul grande schermo come pochi, invece con Il Capitale umano stupisce tutti ancora una volta, cambiando registro e firmando un affresco inquietante quanto realistico dei nostri giorni.
Un’auto pirata travolge un uomo in bicicletta. Per caso, per sbaglio, per distrazione. Un delitto apparentemente senza castigo, uno dei tanti, troppi in questo Paese, è l’inizio di una spirale di menzogne, nascondimenti, conflitti familiari, giostre di diplomazia e sotterfugi che Virzì mette in scena, su sceneggiatura scritta insieme a Francesco Bruni e Francesco Piccolo, traendo spunto dal plot americano di Stephen Amidon. Si trasla il tutto nella provincia italiana, per raccontarne i vizi, le mediocrità quotidiane, tutte quelle piccolezze a cui ormai, anestetizzati dal turpe, si finisce per non fare più caso.
Virzì alza il tappeto per guardare la polvere, scoperchia il marcio dietro il fasto di una famiglia di altissima borghesia, guidata da uno spregiudicato Giovanni Bernaschi alias Fabrizio Gifuni, qui in una delle sue performance migliori. Interpreta un uomo senza tempo, di quelli che corrono, si affannano, non hanno mai un minuto se non per se stessi, per i propri interessi, per chiudere trattative sempre più sporche e affari sempre più loschi da milioni di euro. Ne fanno le spese, come sempre, le persone che gli sono accanto: un figlio poco maturo e una moglie che sa ma preferisce girare il volto dall’altra parte, verso uno specchio che non le restituirà mai la libertà. Anche qui, ottima Valeria Bruni Tedeschi nei panni della riccastra annoiata con lo scrupolo di coscienza e una sete di arte che tuttavia non sa trasformare mai in gesti definitivi, eclatanti, reali: si esauriscono tutt’al più in una battuta (memorabile: “Avete scommesso sulla rovina di questo Paese e avete vinto”) e in una storia di letto con il professore di turno (Luigi Lo Cascio, da applauso anche nei ruoli più piccoli – sempre per la regola che non esistono piccoli o grandi ruoli, ma solo piccoli o grandi attori).
Un’altra famiglia fronteggia questa coppia che pare uscita da un romanzo di Moravia: quella di Dino Ossola alias Fabrizio Bentivoglio, formidabile nei panni di un immobiliarista ingenuotto che tenta il colpo finanziario della sua vita, e Valeria Golino, moglie che attende e subisce, passiva ma vigile, i movimenti altrui. Nel mezzo, tre giovani sorprese: una lo è meno, nel senso che avevamo già scoperto e applaudito Giovanni Anzaldo prima nello spettacolo Roman e il suo cucciolo di Alessandro Gassman, poi nel film che ne è trasposizione Razzabastarda. Qui interpreta un ragazzo difficile, personaggio borderline che entra in contatto con la bella Matilde Gioli (un’esordiente dal fascino e dal talento naturale incredibili), figlia di Bentivoglio. E fidanzata, a quanto pare, del bel Guglielmo Pinelli, a sua volta figlio di Gifuni, e convincente nei panni del rompollo privo di punti di riferimento.
Seguendo una struttura a capitoli (ma senza esagerare: sono tre), Virzì si diverte a intrecciare i suoi personaggi, distribuire indizi e depistaggi, alternare scene d’azione a ritratti intimisti. E firma, in soldoni, un gran bel film. Appassionante, avvincente, di quelli che inchiodano alla poltrona. Di ben altra fattura e respiro rispetto ai già pregevoli Tutta la vita davanti, La prima cosa bella e Tutti i santi giorni. A dimostrazione che esistono ancora i registi desiderosi di raccontare la realtà di questo paese, e sono pronti a reinventarsi, senza riserve nè mezze misure. Complimenti al coraggio: uno dei migliori film della stagione.
di Claudia Catalli per Oggialcinema.net