Un viaggio che riesce a colorarsi di mille sfumature come la musica che ne è l’anima pulsante: un viaggio a volte commovente, a volte potente ed energetico, a volte ironico e lieve.
Il regista riesce a mantenere un mirabile equilibrio tra il dietro le quinte, mostrandoci parte delle vite private dei musicisti, i loro hobby, le loro idiosincrasie, i loro sogni e i loro incubi, e il davanti le quinte, lì dove – nelle prove o negli spettacoli o in ogni occasione in cui il musicista si esprime attraverso il suo strumento – la quotidianità scompare, le parole vengono annullate e perdono completamente di significato di fronte al dialogo muto tra il direttore e la sua orchestra e alla metacomunicazione tra gli strumenti, innanzitutto tra il solista e l’orchestra, e ovviamente all’interno dell’orchestra.
Ne viene fuori la sensazione che la musica è certamente passione, sacrificio e determinazione, ma anche che il suo statuto più vero appartiene a un piano inesplicabile, spirituale, un piano che mette in relazione la nostra finitezza umana con quella scintilla di eterno che ci portiamo dentro, la nostra pochezza e imperfezione individuale con l’indicibile bellezza dell’universo. La musica distilla i nostri sentimenti, rendendoli più veri e più puri.
In questo senso, la ricerca infinita di una grande orchestra consiste nell'afferrare al suo interno e nel rapporto con chi ascolta quell’inesplorata sfumatura delle note che parla un linguaggio universale e al contempo personale.
Bellissimo. Strappa l'applauso.
E poi poter vedere questo film nella Sala Santa Cecilia dell’Auditorium alla presenza dei musicisti dell’orchestra è poi un privilegio speciale per cui ringraziare il Festival internazionale del film di Roma.
Voto: 4/5