La svolta collaborativa di Grillo, oltreché fuori tempo massimo per poter essere occasione di riguadagnare terreno tra i moderati e per poter contare qualcosa nell’iter delle riforme, ha messo Renzi nelle condizioni di maramaldeggiare sui supponenti delegati pentastellati, apparsi nel recente incontro con la delegazione del governo alquanto in soggezione nei confronti dell’esuberanza del presidente del consiglio. Il leader del Movimento deve aver fiutato l’aria, prima di disertare il fatale appuntamento, certo che Renzi gli avrebbe fatto scontare le intemperanze denigratorie durante le consultazioni per la formazione del governo. Il non aver partecipato all’incontro ha il sapore di una resa, non tanto politica, ma sul piano della comunicazione; viceversa, il premier, dopo aver fatto balenare l’impossibilità di esserci per impegni di governo, si è presentato in piena forma, concedendosi il lusso di sfottere a più riprese gli inesperti portavoce del Movimento. Una decisione, quella di Grillo, che dimostra la sua insipienza politica, visto che fa passare il messaggio della sua pusillanimità, mentre quello della responsabilità è stato fatto naufragare da Renzi.
Infine, le note (per me) dolenti: lo psicodramma infinito della sinistra, interna ed esterna al Pd. Appena una settimana fa, il caro leader fiorentino si è fagocitato mezza rappresentanza parlamentare di Sinistra Ecologia e Libertà, compresi pezzi da novanta come Migliore e Fava, relegando i vendoliani alla marginalità completa. Intanto, continuano i distinguo della sinistra interna al Pd che palesano sempre più la loro strumentalità. L’eleggibilità diretta dei senatori è un falso problema: la proposta del governo, avendo limitato di molto le nomine del Capo dello Stato, presuppone per la quasi totalità di Palazzo Madama comunque un’elezione, per quanto indiretta, che potrebbe avvicinarsi ad un’elezione diretta, semplicemente indicando anticipatamente sulle schede i nomi degli amministratori che si volessero mandare al Senato. Ma anche qualora venissero scelti dalle assemblee dei sindaci del territorio tra gli eletti ai relativi consigli regionali, questa formula darebbe comunque garanzie di rappresentanza e partecipazione dei cittadini anche maggiori, rispetto a un’elezione diretta che potrebbe aprire a confusioni sull’effettivo superamento del bicameralismo perfetto. La minacciata prova di forza della sinistra democratica, con la chiamata alle armi trasversale, rischia di trasformarsi in una disfatta che rafforzerebbe ulteriormente la posizione di assoluto dominio di Renzi sulla scena politica italiana.