Il Tokyo Fire Department, il più grande al mondo, è composto da 17.967 componenti, di cui 430 addetti ai servizi logistici e di amministrazione. Si distribuiscono su 3 divisioni e 10 distretti, a cui fanno capo 80 caserme e 206 distaccamenti. I suoi membri hanno a disposizione 1.885 mezzi di intervento e supporto. Nel 2008 ha risposto a 5,762 incendi, 22,139 soccorsi, 6,360 interventi NBCR, ed il numero mostruoso di 653,260 emergenze sanitarie, cui provvede con proprio personale e 229 mezzi dedicati, sia di base che medicalizzati. Ci sono anche 9 barche, che agiscono sul mare e sul fiume, oltre all’unico elicottero antincendio al mondo con getto orizzontale in grado di agire ai piani alti dei grattacieli non altrimenti raggiungibili con mezzi terrestri. Tra i pompieri di Tokyo le unità A-One rappresentano una vera élite, addestrate ad affrontare incendi particolari in condizioni difficili, e si trova una di queste unità presso ognuna delle 80 caserme principali.
Il “Kabuto”, che in giapponese vuole appunto dire “casco” del tipo “Sashiko” come quello qui raffigurato, è antesignano del moderno casco visto nell’altro post a riguardo, quello sul casco moderno di Tokyo. E’ sicuramente uno dei più singolari e a mio avviso interessanti, realizzato com’è in bambù intrecciato e rivestito di spesso cotone ritorto. Questa composizione lo rendeva oltre che assai adatto ad assorbire gli urti, stante la resistenza e la flessibilità di questo vegetale, anche perfettamente in grado di resistere alle alte temperature dell’incendio, in virtù del fatto che nell’intervento il casco come anche la divisa del pompiere, venivano intrisi di acqua che evaporando abbatteva la temperatura a cui era sottoposto il vigile in azione. In uso negli anni dal principio del secolo fino al primo dopoguerra, l’esemplare in mio possesso appartiene al Corpo della città di Tokyo ed è stato utilizzato nel periodo della seconda guerra mondiale: dà da pensare il fatto che caschi come questo erano in testa ai colleghi che hanno operato nello sfacelo di Hiroshima e Nagasaki... Negli anni seguenti lo stesso casco è stato prodotto con un’anima di metallo sempre rivestita di cotone, mentre nel periodo precedente, dalla metà ottocento al principio del XX secolo il pompiere si proteggeva con una spessa cuffia, di fattura simile e dotata di protezione per il collo ed il viso, ma priva dell’anima interna semirigida in giunco. Questa tipologia di tessitura della divisa da pompiere in cotone su molteplici strati ritorti e compressi in acqua era detta "hikeshi sashiko hanten" in giapponese, e risale al periodo Edo (1603-1867), così denominato dal nome della capitale dello shogun Takegawa, la città di Edo appunto, che venne ribattezzata Tokyo solo nel 1869. Il casco si completa di un confortevole interno, e lacci sempre in cotone per cingere la testa del suo utilizzatore e mantenerlo ben fermo e in posizione durante l’azione ed il salvataggio. Porta sul frontale il fregio del dipartimento, sulla circonferenza una banda e in sommità un motivo di foglie metalliche, entrambi destinati a protezione supplementare del tessuto, soggetto ad usura e conseguente consunzione e strappi.
L’ultima foto in basso, per cui ringrazio l’amico Hionkook, ritrae pompieri giapponesi all’atto della rassegna da parte di un alto ufficiale delle forze americane di occupazione nell’immediato dopoguerra.
http://www.tfd.metro.tokyo.jp/eng/index.html
A questo indirizzo si trova la ottima descrizione del lavoro del pompiere a Tokyo negli anni in cui si colloca il casco in collezione, veramente interessante:
http://www.dossiersicurezza.com/live/index.php?domain=archivio&action=articolo&idArticolo=131