Il caso La Gioia, ovvero la ferocia del web letterario

Creato il 13 novembre 2014 da Pupidizuccaro

Oggi è uscito quest’altro articolo su La Ferocia di Nicola La Gioia e sempre più nella mia mente si sta creando uno spazio nuovo, accanto a quello dedicato alla morte, che prima non c’era e si potrebbe riassumere così: nella vita, di certo c’è solo la morte e il fatto che l’ultimo romanzo di Nicola La Gioia sia un bel libro, o come definito in quest’ultima recensione, “un formidabile affresco” (quanta stanchezza dietro il frasario della cosiddetta critica).

A me Nicola La Gioia piace e non ho alcun motivo di nutrire pregiudizi negativi sui suoi testi. Tanto più che non ne ho ancora letto nessuno. Quel che mi piace di La Gioia deriva dall’ascolto delle sue puntate di Pagina Tre, i cui argomenti anticipa la mattina in un post su facebook; quel che mi piace di La Gioia deriva dalle foto che su facebook ho visto del suo tour promozionale nelle librerie, tra cui anche alcune siciliane, e in cui l’ho visto sorridere insieme a librai e editori che conosco e stimo; quel che mi piace di La Gioia deriva insomma da una serie di informazioni che per ciascun testo formano la galassia in cui si creano e sviluppano le attese di un lettore.

Ma la ferocia con cui negli spazi preposti – blog letterari, recensioni sui quotidiani, elogi in radio, entusiasmi ubiqui e variopinti, classifiche dei libri più venduti – si è spinto il suo romanzo mi impedisce, al momento, di accostarmi serenamente alle sue pagine. Mi mancherebbe, infatti, quel silenzio interiore, quella solitudine del lettore che è necessaria per ri-creare nel mio spazio interpretativo e intimo il libro che sto leggendo, per viverlo con i miei occhi e muovermi al suo interno come qualunque lettore fa ogni volta che legge un libro. Di pagina in pagina, infatti, mi verrebbero in mente i fiumi di elogi sperticati che stanno facendo scomparire il romanzo di La Gioia nello spazio di certezza che prima era dedicato solo alla morte.

Sento pertanto il bisogno di lasciarlo stare, di far decantare il chiasso di questo circo promozionale, per rimanere finalmente solo con la sua pagina. Si parlava di internet come di uno spazio aperto all’espressione di qualunque opinione, vista l’immaterialità dei suoi confini. Uno spazio in cui, se due più due fa quattro, una recensione negativa o perlomeno critica sull’incensato libro di Nicola La Gioia non dovrebbe essere tanto difficile da trovare.

Eppure, finora ho respirato soltanto l’ortodossia dell’encomio, da parte dei più seguiti sacerdoti dell’opinione telematica, rispetto a questo libro. E mi è nato il sospetto che alla fine anche il web letterario (come ha più volte detto il mai tanto apprezzato Gianfranco Franchi) ormai sia solo una caricatura delle piratesche scorribande in mare aperto, autentico e pluralista, che si praticavano quasi una decina di anni fa. Ormai ognuno ha la sua lista di blog letterari nei preferiti e controlla sempre quelli, in un meccanismo che sempre più assomiglia a una sorta di tv generalista con i suoi canali principali, monopolizzati e gestiti dai preparatissimi ma soliti direttori di programma che decidono sulla bontà o meno dei palinsesti da acquistare in libreria.

Perché, si sa, il passaparola è il traino più potente per un libro. Una volta ho letto uno studio in cui si diceva che per equilibrare un solo parere negativo ne servono sei positivi, da persone chiaramente di cui ti fidi. E se vi fidate di me, intanto, non perdo l’occasione di consigliarvi un altro potente scrittore pugliese, Giuseppe Merico di cui ho tanto apprezzato e seguito fin dalla gestazione editoriale questo libro.

A me Nicola La Gioia piace e non ho alcun motivo di nutrire pregiudizi negativi sui suoi testi. Quello che non mi piace e da cui sento di dovermi difendere è la ferocia del web letterario di prima classe, non la sua.

Poscritto: sebbene esistano, è ovvio, (pochi) articoli critici sul libro di La Gioia, come quella su Satisfiction, il mio discorso vale anche per quelli. Il punto infatti è, di per sé, la polarizzazione senza discriminanti tra “positivo” o “negativo”, la rinuncia dei molti che scrivono su cose letterarie a stare un passo oltre quella polarizzazione (utile a magnetizzare pubblico e schierare il proprio contenitore nelle squadre che si giocano la presenza sul web letterario che conta) e limitarsi a raccontare la loro esperienza di lettura, rilevare punti forti ma anche le cose meno convincenti, senza per questo dover bocciare o promuovere nessuno.


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