Il mistero della morte appassiona da sempre gli scrittori – a partire da Aleksandr Puškin che nel testo teatrale Mozart e Salieri (1830) eternò la suggestiva leggenda dell’avvelenamento. Si tratta appunto di una leggenda: il povero Antonio Salieri di certo non ha ucciso Mozart, né avrebbe tratto particolari vantaggi dalla sua scomparsa. Ebbi la fortuna di assistere ad una messa in scena del dramma con la regia di Anatoly Vasil’ev per il Teatro Scuola d’Arte Drammatica di Mosca, nel 2000, e l’immagine di Salieri che avvicina il bicchiere di veleno a Mozart mi è rimasta indelebilmente impressa. Mozart e Salieri (il cui titolo originale era Invidia) è un testo di dimensioni ridotte, 231 versi; Vasil’ev l’aveva integrato con altri brani dell’autore e con un Requiem composto appositamente da Vladimir Martynov. Non aveva invece tenuto presente l’opera di Rimskij-Korsakov (1897) che utilizza i versi di Puškin come libretto.
La leggenda della responsabilità di Salieri nella morte di Mozart è divenuta celeberrima per via di Amadeus (film del quale abbiamo discusso qui): il drammaturgo Peter Shaffer scrisse il testo teatrale nel 1978 e poi la sceneggiatura del film diretto da Milos Forman (1984), con Tom Hulce nel ruolo di Mozart e F. Murray Abraham in quello di Antonio Salieri. Malgrado il titolo, il protagonista del dramma è Salieri, formidabile eroe negativo – ombroso, terribile eppure così umano nella sua meschinità. Arso dal desiderio di diventare un grande musicista, Salieri ha promesso a Dio di condurre una vita integerrima; in cambio, canterà le Sue lodi e diverrà un compositore eccelso e riconosciuto. Un giorno, però, nella sua vita irrompe un fanciullone beffardo e volgare, nel corpo del quale alberga il più splendente dei geni: Wolfgang Amadeus Mozart. Salieri si sente tradito e concepisce un piano per danneggiarlo – una vera e propria vendetta contro Dio. La pièce di Puškin deve aver ispirato Shaffer nella costruzione del contrasto tra l’austero musicista e il giovane genio ingenuo e dedito ai piaceri del corpo. Basti citare questo scambio di battute che Puškin aveva messo in bocca a Salieri e Mozart: “Tu, Mozart, sei un Dio e non lo sai; ma io lo so”. E questa è la risposta: “Può darsi… ma il mio nume comincia ad aver fame!”
Qualche tempo fa si è tornato a parlare (Piero Buscaroli, Giorgio Taboga) di omicidio, ma Salieri non avrebbe alcuna responsabilità: sarebbe stato il marito di un’allieva di Mozart, con la quale lui aveva una tresca, ad ucciderlo a bastonate. Ne abbiamo ampiamente discusso qui. Di recente è uscito un romanzo che percorre la stessa ipotesi. Qui sotto potete leggerne la recensione del musicologo Piero Mioli, Consigliere d’Arte dell’Accademia Filarmonica di Bologna, pubblicata su Musica e Scuola. (Nello stesso numero della rivista Mioli ha recensito il mio romanzo più recente, La strana giornata di Alexandre Dumas: vedi questa pagina).
E’ un romanzo Il caso Mozart di Franco Pappalardo La Rosa (Gremese, 2009) che nel corso di oltre duecento pagine descrive le ultime ore di vita di Wolfgang Amadeus tenendo conto, anzi fidandosi assolutamente delle conclusioni raggiunte tempo fa da alcuni ricercatori non molto graditi al biografismo ufficiale. Che l’ancora giovane Mozart, cioè, morì di morte violenta, ammazzato, proprio così, dal marito di un’allieva con la quale aveva una relazione (Franz Hofdemel lui, Magdalena lei). Bastonato senza pietà (ma anche senza precisa volontà omicida) e scaraventato ai bordi di una strada, nottetempo, fu soccorso e riportato a casa ma inutilmente.
Su pochi altri dati del genere l’autore ha ricamato una vicenda, una storia quasi in tempo reale di notevole suggestione: la famiglia, i conoscenti, gli allievi, i pezzi grossi della Vienna d’allora vi trovano posto in tutta calma, senza alcuna congestione nonostante la drammaticità del racconto e la sua indole addirittura poliziesca. Quando, per esempio, il povero Franz Xaver Süssmayr corre a teatro a cercare il dottor Clossett, che venga subito dal morente, prima che dall’alto della scala del teatro compaia il dottore stesso compaiono il Kaiser Leopoldo con la Kaiserin Maria Luisa e man mano tutti i cortigiani, i collaboratori, i ministri e quant’altri personaggi, attraverso una descrizione viva, simpatica, quasi fotografica (nel senso migliore).
Chiaro e ordinato il racconto, la prosa limpida e scorrevole non manca di guizzi poetici: di uno che risponde lamentoso e svogliato, a un certo punto, si dice che “uggiolò”; e di un altro che fece più o meno il contrario, che “melodiò”.
Articolo di Piero Mioli
“Il caso Mozart” si può ordinare su:
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Immagine di apertura: monumento a Mozart, Vienna. Foto di simononly.