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“Il caso Spotlight” di Tom McCarthy: il giornalismo d’inchiesta sulla pedofilia della cattolicissima Boston

Creato il 06 marzo 2016 da Alessiamocci

Audace, vero, terribilmente crudo… i primi tre aggettivi che mi vengono in mente pensando al film diretto da Tom McCarthy, Il caso Spotlight, vincitore per il Miglior Film negli Oscar 2016.

Il film è di getto, pur mantenendo sempre un buon ritmo. Immediatamente si viene catapultati nell’inchiesta, nella ricerca della verità; l’arrivo di un nuovo direttore nel Boston Globe, Marty Baron, conosciuto nell’ambiente giornalistico anche per qualche taglio al personale, rappresenta l’input per poter rilanciare il giornale, convinto infatti egli stesso che internet abbia in qualche modo modificato l’arrivo della notizia al pubblico rallentando di fatto le vendite del giornale lo spingerà a puntare su una sezione precisa del suo giornale: la sezione Spotlight (“riflettori” in italiano),team di lavoro interno al giornale statunitense Boston Globe costituito da quattro giornalisti investigativi, impegnati a puntare i riflettori su determinate inchieste, giornalisti peraltro interpretati magnificamente da attori di calibro, fra cui Mark Ruffalo, e Rachel McAdams, entrambi candidati all’Oscar e l’attore già noto al pubblico Micheal Keaton, che interpreta il capo redattore.

Inizialmente ti chiedi perché questo direttore, interpretato da Liev Schreiber, che appare e parla poco, sia così risoluto a voler portare avanti l’inchiesta, anche freddo e risoluto nell’atteggiamento, e lo spettatore è indotto a pensare che lui abbia motivi personali per farlo, essendo tra l’altro anche di fede ebraica; poi durante le fasi dell’inchiesta ci si rende semplicemente conto che lui lo fa affinché lo spirito di verità trionfi, perché non ci sta ad essere spettatore di quel gioco al massacro in cui le istituzioni si girano dall’altra parte.

Così il team Spotlight farà luce su quella che venne conosciuta come il “Massachusetts Catholic sex abuse scandal”. La storia raccontata dal film è dunque una storia vera e i giornalisti di Spotlight vinsero nel 2003 il premio Pulitzer per il servizio pubblico.

Tutto così parte da un piccolo scandalo seguito peraltro dal Boston Globe anni prima, ma a cui avevano dato poco risalto destinando l’articolo solo nella cronaca locale, che si occupava di Padre John Geoghan accusato di aver avuto una condotta immorale e aver perpetrato abusi nei confronti di minori… e invece l’inchiesta finisce per raccontare i primi 6 mesi d’indagini del 2002 del Boston Globe, andato in stampa nel 2003 rivelando l’insabbiamento pluridecennale che riguardava gli abusi perpetrati inizialmente da 13 sacerdoti (quelli che si sapevano) della cattolicissima Boston, protetti dalla stessa arcidiocesi; piano piano grazie all’intraprendenza dei giornalisti si arriverà ad una realtà scottante ma assolutamente vera, di fronte alla quale si resterà basiti; la vittoria della pellicola ai recentissimi Oscar ha finito per rappresentare una richiesta di aiuto a Papa Francesco affinché la Chiesa e il Vaticano possano vigilare e fare giustizia per questi bambini privati della loro innocenza.

Il Caso Spotlight è commovente nei racconti dei sopravvissuti, ovvero di quegli adulti che sono riusciti a superare quegli abusi subiti nella cattolica Boston, crudo nei racconti, lento in alcuni passaggi perché è necessario focalizzare i nomi e capire la dinamica di una classe politica che gioca a nascondino, appare quando c’è da intimidire qualcuno, scompare di fronte agli abusi; una realtà narrata la cui verità non poteva non trovare spazio in un’inchiesta portata avanti dalla determinazione di buoni comunicatori; la figura del buon giornalista viene esaltata, rivalutata, nella speranza che i giornalisti che esercitano un giornalismo d’inchiesta non vengano lasciati mai soli. Un film fiume la cui narrazione è al centro di tutto senza la necessità di colpi di scena, bensì la storia è assoluta protagonista di sé stessa. Ottima sceneggiatura e fantastici interpreti fanno de Il caso Spotlight un fiore all’occhiello oggi del giornalismo d’inchiesta.

Unica critica: nel film, spesso, senza mai dichiararlo apertamente c’è la denuncia ad un sistema politico di cui ci si serve e di cui si può essere dunque complici, e questa linea sottile di confine del favorire una certa linea politica fa di ciascun cittadino che ne era conoscenza complice di un sistema statale e cattolico, in cui si vorrebbe far intendere che la pedofilia non è un caso ma una prassi tenuta ben nascosta… ci si augura solo che tutto ciò non corrisponda alla realtà.

Written by Barbara Filippone


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