C'era ancora l'odore acre della sera prima. Tutto però era rimasto perfettamente identico a quando ci aveva avvertito la signora Angela che si era accorta dell'incendio prima di tutti. Nemmeno l'intervento tempestivo dei vigili del fuoco aveva potuto niente contro le fiamme già alte che consumavano parte della nostra vita. Il casolare in cui eravamo cresciuti, in cui avevamo passato la nostra adolescenza tra un gioco e una festa, non c'era più. Lungo la strada che ci separava da quel luogo ho sperato che non fosse vero, che magari ci si era confusi e che il buio aveva fatto il resto.Quando ci trovammo di fronte a quello spettacolo purtroppo era tutto vero.Mio padre scese dalla macchina di scatto, quasi a voler correre incontro a quello scempio, ma un vigile del fuoco lo bloccò. Era inutile fare pazzie: tutto era andato perso. Una sola maledetta notte aveva cancellato quel paradiso di ricordi e sogni. Mio fratello mi coprì gli occhi e mi accarezzò. Spettava a lui, il maggiore, consolare la rabbia e il dolore di noi più piccoli che forse in quel momento avremmo voluto essere lontani mille miglia ed invece eravamo lì. Quando ci fummo un po calmati si avvicinò un signore che dal suo incedere doveva avere il doppio dell'età di mio padre o almeno così sembrava.Si presentò come un poliziotto che si trovava in zona ed era accorso. Mio padre lo seguì dirigendosi verso quello che rimaneva del nostro casolare. Poi lo vedemmo girarsi irato ed ancora più rabbioso tirò un pugno contro una delle tante macchine di gente che non aveva voluto perdersi quello spettacolo. Non capimmo cosa quel poliziotto avesse potuto dire, ma quando tornò in macchina nostro padre non pronunciò una parola. Girò la chiave, sgommata veloce e via verso casa. Solo più tardi capimmo il perchè.