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Le mani ferme, ad appoggiarne una sopra l'altra. Anche l'aria è immobile, un impercettibile errore e sarebbe crollato. E il roteare delle carte senza appigli, prima di cadere, avrebbe turbato gli equilibri e la magia di quegli istanti. Avevo raggiunto la vetta fatata, ora, un soffio di rugiada scendeva dal castello sospeso, in un'aria vibrante. Animandosi mostrava alberi dalle fronde malinconiche. Si scorgeva l'orizzonte che fluttuava intorno in una conturbante freschezza. Luogo magico, dove chiunque avrebbe voluto entrare per veder scorrere i piccolissimi fiumi tra gli arbusti spinosi. Un viaggio proibito nella fragilità che il luogo e il tempo imponeva. Si poteva solo tornar bambini e ritrovare i colori e le immagini pure. Sullo sfondo la tenerezza dell'età, ingenuo desiderio di sogni irrealizzabili. All'orizzonte si intuivano delle forme ma nessuno riusciva a vedere fino a là. E così abbiamo inventato. Si potevano immaginare cose fantastiche, ad occhi chiusi l'immaginazione esplode, come una cascata d'acqua, impetuosa, infinita. Tutti hanno afferrato quell'immagine fantastica e l'hanno tenuta stretta al cuore. E li è rimasta per sempre, anche ora che una brezza dispettosa ha fatto cadere il castello di carte.
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