Il castello, il pittore e il ritorno di Mnemosyne

Creato il 25 febbraio 2014 da Cultura Salentina

25 febbraio 2014 di Paolo Marzano

Riflessioni a margine della mostra personale di Marcello Malandugno

di Paolo Marzano 

MARCELLO MALANDUGNO al CARLO V

Il castello è il Carlo V di Lecce, il pittore si chiama Marcello Malandugno. E il ritorno di Mnemosyne?

Al tempo.

Imponente il lavoro dell’artista salentino/neretino esposto dal 12 settembre al 3 ottobre 2013 presso le sale al primo piano del maniero leccese, nella personale dal titolo “Figure/Figurazioni”, a cura di Toti Carpentieri. Lo spazio a disposizione consisteva in cinque sale nelle quali il curatore ha proposto i cinque temi che hanno perlopiù caratterizzato l’arte di Marcello Malandugno. Per gli appassionati naturalmente è stata una consapevole necessaria ed importante occasione per sondare ed avere più chiaro ‘lo stato dell’arte’ della pittura, degli ultimi quattro anni di quell’artista che va sempre più distinguendosi come uno dei più interessanti pittori sulla scena italiana contemporanea e non solo, Marcello Malandugno.

Notevole la presenza di visitatori interessati alle opere e con particolare attenzione alle novità prodotte dal pittore.

Ma perché dunque nel raccontare la mostra occorre rifarci alla memoria (Mnemosyne), al tempo, alla storia, per ritornare poi, alla contemporaneità che sappiamo comprendere già, tutte queste cose?

Innanzitutto procediamo per gradi, avvicinandoci all’arte del pittore per comprenderne meglio gli elementi costitutivi.

MALANDUGNO CARLO V

DID.  Sale con l’allestimento delle opere, al castello Carlo V di Lecce, durante la mostra personale del pittore Marcello Malandugno dal 12 settembre al 3 ottobre 2013

La riscrittura della visione simbolica tradotta da Malandugno in pittura, non ha mai disdegnato la presenza di una potente e originale connotazione metafisica della composizione, tanto da diventarne una particolare caratteristica riconoscibile nella sua, ormai trentennale, attività. Tale componente deriva da una concreta attitudine alla tradizionale ‘pratica pittorica’ e allo studio attento della complessa visione compositiva in cui, determinante diventa il potere del simbolo, del mito, del simulacro che  costretti a rientrare nel ‘figurale’, sintetizzano concetti comunicando con corpi, masse, volumi, luce, sguardi, colori, forme, compreso lo spazio tra le ‘cose’ che le avvolge e l’insieme dei frame assunti come tessere del collage composto dalle in-quadrature scelte. Dall’intenso lavoro realizzato e quindi dalla sperimentazione sulle varianti formali adottate nel tempo, l’artista ha saputo selezionare un personale ed interessante ‘ingrediente’ per meglio equilibrare l’apparato compositivo.

Dosando colore sulla vuota superficie del ‘fondo’, il pittore lavora sul suo potenziale relazionale elaborandone la distanza dagli oggetti e convincendolo a diventarne ‘parte collaborante’. Lo spazio diventa ‘oggetto’ e anch’esso assume una responsabilità espressiva. La strumentazione pittorica e comunicativa di Malandugno si dispiega, nel modo più austero e sofisticato, nella sua matura completezza. Come strati di pelle o frammenti di realtà da ricomporre per risolvere brani di quotidianità, Malandugno assoggetta le leggere pellicole di carta al piano di lavoro. ‘Fascia’ con cura, le figure geometriche o le ‘gauguiniane’ anatomie, per poi frammentarne il limite, alterandone il margine, facendone così, perdere quell’essenza ‘apparentemente’ troppo terrena/mediterranea.

MALANDUGNO CARLO V

Did.  Serata dell’inaugurazione della personale di Marcello Malandugno, alla presenza di Nicola Massimo Elia per l’organizzazione degli spazi, del curatore Toti Carpentieri, dell’Assessore al Turismo e Spettacolo Luigi Coclite. La serata ha visto anche la presenza di numerosi galleristi, collezionisti, osservatori, curiosi e appassionati dell’arte del pittore salentino.

Sovrapponendo materia alla superficie, egli aumenta gli spessori alle forme e le trasforma in volumi, i piani mutano in strati, disarticola ‘nature morte’ per comprovarne l’incredibile privata dinamicità, specialmente quando si suppongono pregnanti di direzionalità molteplici (accezione che lo accomuna alla sensibilità delle avanguardie storiche nell’approccio all’oggetto coinvolgente l’ambiente attorno inserito nell’opera d’arte, vedi la teoria del linearismo congenito o del dinamismo plastico boccioniano). L’opera che ne deriva è la risultante di intense ‘relazionalità’ tra le ‘cose’, percepite come componenti emozionali dirompenti. Lo sguardo delle ‘figure alate’, che già presume l’essenza divina dell’umano, è carico, per Malandugno, di una componente attiva che così, chiede e ottiene spazio, proiettando l’intera composizione magistralmente, su dimensioni diverse. Ed è in questo contenitore di spazio ‘attivo’ che il pittore individua, con facile ingegnosità, dei profili anatomici ‘assonanti’ a mitiche memorie novecentesche, ‘brevi’ sovrapposizioni morandiane di esili piani che si alternano a possenti, tornite classicità chiaroscurali sironiane.

Fig. MALANDUGNO CARLO V

Did. Nella mostra personale di Marcello Malandugno, alla presenza dell’Assessore al Turismo e Spettacolo Luigi Coclite e del Sindaco di Lecce Paolo Perrone.

Tra le novità, il ‘grande formato’ che, in questa sua personale, Malandugno sperimentata nello studio dei volti degli “Oracoli” e in alcune colte varianti, delle “Ipotesi di paesaggio”.

Accattivanti sperimentazioni, sul tema compositivo già affrontato, ma che ritengo possano presupporre nuovi eclatanti paesaggi pittorici. Una zoommata sullo sguardo, del disegno (del grande formato), conduce l’osservatore a stabilire da sé, la sua personale e intima distanza dall’opera, appena calibrato l’impatto emozionale, della invadente e colonizzante, diversa misura esposta. In una delle serate della mostra, la presenza del critico e storico dell’arte Vittorio Sgarbi ha permesso di constatare e caratterizzare la pittura dell’artista, la cui arte viene inserita nell’ampio discorso sulla ‘condizione’ della contemporaneità. Ecco allora stabilirsi, nell’ambito della sala convegni del bellissimo maniero leccese, delle ‘comprovanti’ premesse teoriche in cui, lo storico dell’arte, inserisce l’opera di Malandugno tracciando altre ed interessanti direzioni, per nuove riflessioni e altri successivi dibattiti.

Fig. MALANDUGNO CARLO V

Did  Venerdì 20 settembre, nell’ambito della mostra, l’intervento di Vittorio Sgarbi per una  interessante riflessione del critico e storico dell’arte, sulle opere di Marcello Malandugno, nella sala conferenze, all’interno del castello Carlo V di Lecce

Si parte dalla tesi per cui ‘l’arte è contemporanea’, derivandone le chiare estensioni concettuali proprio del ‘contemporaneo’ come una condizione dello spirito da cui ne consegue la definizione dell’arte contemporanea come condizione inquieta e quindi deducendone che l’arte è una condizione in cui tutti ci rispecchiamo. E, nel caso particolare del pittore in questione, si aggiunge che, in questa confusione simile ad una Babele, secondo le parole del critico Vittorio Sgarbi: “Malandugno c’è. Malandugno è salito oltre la soglia di esistenza (di artista riconoscibile) attraverso la sua disciplina, il suo magistero e la sua tecnica. Grazie anche ad un figurativo che non rinuncia però alle calie astratte, con cui la sua arte può confrontarsi sovrapporsi e convivere. Malandugno affronta i temi prevalenti per le sue corde di natura intimistica; nature morte, volti e corpi di ritratti prevalentemente femminili. Le caratteristiche della sua opera sono la riflessione sul passato che evidenziano la scelta di alcuni maestri, una straordinaria grazia compositiva ed interiore e anche una delicatezza pittorica, con una leggerezza delle forme che realizza come una forma di meditazione, con il rispetto della tradizione, propria di quell’arte”.

Anche l’attività di Malandugno quindi rientra nel metodo di indagine che il critico e storico dell’arte si è posto come obiettivo e che lo porta a cercare l’arte contemporanea indagando nei luoghi più segreti per farla emergere.

Fig. MALANDUGNO CARLO V

Did. e – incontro tra Vittorio Sgarbi e Raffaele Nigro, durante la visita accurata del critico, delle opere, illustrate dallo stesso pittore, accompagnato dal collaboratore al progetto creativo e culturale Paolo Marzano, nell’ambito della mostra personale al Carlo V di Lecce.

Qui finirebbe il mio intervento come resoconto della mostra, ma da osservatore attento al lavoro di Marcello Malandugno, oltreché da appassionato studioso di storia dell’arte e, in questo caso, da collaboratore incaricato dal pittore, al progetto creativo e culturale a favore dello sviluppo del territorio, in cui l’arte può realmente proporsi come indicatore del livello qualitativo di comunicazione, ritengo necessario ascrivere una chiosa a margine di questa riflessione. Anche sulla base dell’attività svolta e per l’appassionate iniziativa, il quale risultato, di certo ha lasciato il segno/dipinto, nel contesto artistico salentino, in cui “Figure/Figurazioni”, si andava realizzando.

Fig. MALANDUGNO CARLO V

Did. f – ancora la visita accurata, alle opere di Marcello Malandugno, del critico e storico dell’arte Vittorio Sgarbi, illustrate dallo stesso pittore, accompagnato dal collaboratore al progetto creativo e culturale Paolo Marzano, nell’ambito della mostra personale al Carlo V di Lecce.

La storia dell’arte è un immenso scrigno colmo di preziosità, straripante di meraviglie che possono, nel tempo, funzionare tutte come dispositivi pronti ad essere innescati e sempre  capaci di generare ‘paesaggi’ nuovi, composti ed ‘apparati’ da oggetti ri-nominati o ri-eletti con nuove finalità simboliche a conferma del grado di civiltà raggiunta dall’uomo.

Perciò la mia chiosa non può che partire da un auspicio rivolto a quella nuova Kunstwollen (volontà artistica) salentina, di cui si cercano, costantemente, le strategie e i gangli capaci di rivitalizzarla, organizzarla o tentare di darle almeno una plausibile interpretazione, nella congestione di soluzioni sterili e fin troppo episodiche, prive di continuità strutturanti a favore del territorio.

La figura delineata, dall’arte di Malandugno, è ferma, resa splendida dallo spazio che la contiene, sono gli oggetti invece che decidono di muoversi. Volti con lo sguardo intenso appartenenti a corpi dalla postura che ritorna mitica, inseriti in una scena prettamente metafisica. Comprendiamo allora quanto la bellezza sia intesa come strumento ‘moralizzante’ quando viene narrata nel tempo, a brani, tradotta in piccole superfici, indagata percependo atmosfere. E’ frequente osservare, nelle figure che l’artista chiama gli “oracoli”, all’altezza della testa dell’immagine femminile, ravvisarsi il disegno di un ‘nimbo’ che incornicia il viso o ne rende polarizzante, quella parte. Perlopiù un quadrilatero regolare in procinto di frammentarsi o ancora, ritratto in velocità, comunque in piena mutazione. Gli oggetti (chiocciole, ghirlande, foglie, frutti e i colori stessi della natura) ri-nominati (ridipinti quindi mutati) valgono quell’ offerta alla terra, a prova della ricerca di uno spazio diverso come approdo sempre minoritario, ma che vale l’intera esistenza, trasformano l’opera di Malandugno, in un manifesto evocativo, come un contemporaneo “rapporto di minoranza” del corpo, trasmesso verso un ‘altrove’ in attesa di una risposta-verità dell’ “oracolo” (appunto). Egli con la sua arte offre i prodotti simbolici della terra e delle emozioni, evocando le Muse, con maestria, austera e diligente. ‘Loro’, (le figure-Muse) sono accessoriate di ‘minuti’, ma potenti oggetti (mi piace affermare “mediterranei” recuperati forse da modanature architettoniche chiocciole, foglie, frutti, ghirlande, contenitori come rinnovati capitelli o cornucopie derivanti da evidenti richiami a ceste ricolme) rivelano realtà alternative, tutte incredibilmente contemporanee e allo stesso tempo molto antiche, quindi ri-conoscibili. In questo comprendiamo maggiormente e confermiamo, dunque, il sofisticato dispositivo sostenuto, dalla definizione della generale ‘contemporaneità dell’arte’. Riconoscibilità tutta basata sulle antiche tradizioni e sulle presenze attinenti al passato di queste latitudini (Italia tutta compresa). Infatti, Lecce ritengo possa essere la città che, come Mnemosyne (sposa di Zeus) madre delle nove Muse; Clio, Euterpe, Talia, Melpomene, Tersicore, Erato, Polimnia, Urania, Calliope, abbia riaperto una stagione di nuove rivelazioni. Le Muse sono tornate grazie alla pittura ‘sensibile’ di un pittore salentino. Le nove creature che in altri luoghi e in tempi diversi, hanno popolato e, tutt’ora, popolano, perlopiù sempre sotto ‘mentite spoglie’, templi, monumenti, chiese, palazzi (l’eterno ritorno delle immagini e delle figure di Muse nelle rappresentazioni artistiche, tra le ‘comode’ ferraresi del Belfiore e quelle ‘in movimento’, malatestiane di Rimini), piuttosto che pilastri, absidi, catini, nicchie, altari.

MALANDUGNO CARLO V

sala degli “oracoli” con le opere  anche di ‘grande formato’, di Marcello Malandugno, identificate dallo scrivente, come il ritorno delle Muse, ritornate in quanto evocate, dalla sofisticata e intimista, arte del pittore

In questa mostra riemergono e l’intera immagine, della sala degli “oracoli”, si è posta all’attenzione con tutto il suo fragore, ponendo questioni complesse e soprattutto richiamando alla maggiore responsabilità del saper ascoltare ‘la bellezza’ delle ‘cose’ che abbiamo intorno. Ritengo il carattere simbolico della mostra, un evidente e sempre più  probabile ritorno delle Muse mediterranee, rigenerate e ritemprate, riaggiornate e accorse per programmare futuro, evocate da un artista per suggerire quali e quanti strumenti occorrono per rinvigorire il nostro paesaggio. Ed è allora che il potere delle Muse si fa azione; infatti penso sia necessaria una seria presa di posizione nell’organizzazione degli spazi strategici per lo sviluppo culturale ed artistico del nostro Salento. L’auspicio è quello, magari, di dedicare ad ogni Musa una fortezza o un parco di attività, includendone l’ispirazione attinente, quindi l’uso sempre di un’arte diversa che in esse può essere contenuta; le decine di castelli, palazzi baronali, torri costiere, ville eclettiche che si trovano nel Salento, dovrebbero avere questa funzione. I grandi contenitori allora ripristinati e ri-nominati, quindi rivestiti di nuove responsabilità, rinvigorirebbero il capitale didattico-culturale all’insegna di una sostenibile e sempre più fondamentale ri-scoperta della “bellezza a km 0″. Un metodo strategico per cui la moda, l’ingegno, le lettere, la poesia, il lavoro, la creatività, la storia, il teatro potrebbero essere convogliate per lo sviluppo del territorio  a favore della qualità della nostra esistenza.

Sarebbe o no una visione strategica quella di investire le nostre ‘fortezze’ di funzionalità emittenti, come contenitori propagatori di messaggi altamente culturali?

Usando termini più attinenti alla storia dell’arte antica, ma utili all’obiettivo dello scritto, sembra che le norme dell’ Alberti del De Pictura, ascoltate dal di Duccio, nel Tempio Malatestiano, abbiano colto anche Malandugno. Ri-evocando le  Muse, l’artista, trasforma la loro caratteristica del movimento antico, detto del ‘pathosformeln’ (formula del pathos) e dell’espressivo ‘äußerlich bewegtes Beiwerk’ (apparato in movimento esteriore), delle sue/nostre Muse, in un ponte verso nuove contemporaneità pittoriche, colte composizioni di genere astratto/figurativo.

Dunque, Lecce, la città che potrebbe assolvere alla carica simbolica di Mnemosyne, madre delle arti ispirate, appartenenti a questa terra come interazione di flussi culturali e di ricchezze commerciali, potrebbe aprire una nuova stagione, indicando quali responsabilità spettino al Salento, per potersi risollevare producendo finalmente futuro. L’alternativa è devastante; infatti, pur percependo il potenziale del territorio, sarebbe incredibile lasciar passare indifferentemente e inesorabilmente il tempo.

Ma, poi, possiamo ancora permettercelo?

Paolo Marzano - Collaboratore al progetto creativo e culturale, del pittore Marcello Malandugno, nell’ambito della mostra personale dal titolo “Figure/Figurazioni”, a cura di Toti Carpentieri, tenutasi dal 12 settembre al 3 ottobre, presso il Carlo V di Lecce e che rientra nel percorso di costruzione della candidatura della città di Lecce a Capitale Europea della Cultura.

Foto di : Gerardo Di Giuseppe e per gentile concessione di Enrico Tedeschi

Vedi anche, in questo sito:

Due neritini alla corte dei Gonzaga

http://culturasalentina.wordpress.com/2010/06/15/due-neritini-alla-corte-dei-gonzaga/

Marcello Malandugno espone a Bergen

http://culturasalentina.wordpress.com/2011/09/10/marcello-malandugno-espone-a-bergen/

Salento delle città apparate

http://culturasalentina.wordpress.com/2013/05/28/salento-delle-citta-apparate/

Il Salento delle città apparate: i caratteri sensibili dell’arte e il tono di comunicare la sua storia

http://culturasalentina.wordpress.com/2013/11/25/il-salento-delle-citta-apparate-i-caratteri-sensibili-dellarte-e-il-tono-di-comunicare-la-sua-storia/


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