Carina, come tutte. Disponibile, come tutte. Niente più. Ma non importa perché col conflitto che incombe potrà avere un’altra occasione per fuggire, per tentare di riappropriarsi di quella vita che a 11 anni i suoi genitori hanno drasticamente deviato. Lo hanno portato dall’America in Russia in nome di un ideale comunista e proletario che, non solo negli anni si è rivelato lontano da ciò che suo padre credeva e anelava, ma gli si è rivoltato contro nel modo più drammatico. Perciò Alexander ha dovuto rubare una nuova identità, ha dovuto rinnegare il suo cognome e nascondersi ad uno stato che l’avrebbe condannato allo stesso infausto destino dei genitori.
Alexander cammina e invece del solito giro, svolta per un’altra strada. C’è una fermata d’autobus, proprio davanti al Parco Tauride, e sul lato opposto al suo, una panchina al sole dov’è seduta una ragazzina con i capelli lucenti, intenta a godersi un gelato. E’ vestita di bianco a rose cremisi e con lo sguardo lontano anni luce dal passato, dal futuro, da Leningrado, è persa nell’assaporare quel piccolo piacere come se nulla al mondo potesse andare storto, o essere brutto, come se non ci fosse Hitler, come se l’estate non dovesse mai finire, come se l’unico sentimento che la pervade fosse la fiducia incondizionata in un futuro gioioso. Alexander la fissa sfacciato e lei ricambia quello sguardo, timida ma senza esitare. Nessuno dei due sa che in quel momento, sospeso nella luce di giugno di una Leningrado ancora indenne, è racchiusa un’intera esistenza. Potrebbero distogliere lo sguardo – prendere l’autobus lei, proseguire per il suo cammino lui – ognuno verso il destino che la guerra gli riserva. Ma l’autobus passa e se ne va senza di lei. Alexander attraversa la strada.
Paullina Simons ci racconta l’assedio, mostrandoci in un dettaglio quasi documenta-ristico ma vibrante, lo sfaldamento e il crollo della città, insieme alla degradazione della popolazione. Sentiamo i morsi della fame insieme a Tatiana, fino a che lo scorbuto non la farà sanguinare e lo stomaco le diventerà un organo inerte. Sentiamo il freddo, tanto da intorpidire la mente, vediamo la gente cadere per strada per lo sfinimento, fuggiamo dall’orrore del cannibalismo. Eppure, nonostante la guerra faccia del suo meglio per annichilire ogni anelito umano, l’amore tra Tatia e Shura li nutrirà, li scalderà e darà loro forza. Anche se Tatiana dà sempre la precedenza agli altri, Alexander pur di starle vicino e proteggerla, accetterà l’inaccettabile.
Il 22 giugno del ’41, quando scoppiò la guerra, a Leningrado c’erano tre milioni di persone. Nell’estate del ‘42 ne erano rimaste un milione. Dopo quasi sei mesi passati nell’oblio,
Impossibile non appassionarsi a questa vicenda, non palpitare per i suoi protagonisti, non commuoversi per il suo epilogo.
Il romanzo pubblicato nell’ormai lontano 2000, seguito da Tatiana e Alexander (solo su carta) nel 2003 e da Il giardino d’estate (carta o ebook) nel 2005, è stato un best seller internazionale, non solo per la toccante storia d’amore, ma per la vivida accuratezza (a volte al limite del prolisso) con cui l’autrice riesce a dipingere il momento storico, rievocando emozioni profonde in chi lo ha vissuto e avvicinando chi per generazione ne è molto lontano, a quella realtà ormai dimenticata.
A volte sul proprio cammino s’incontrano storie che provocano rimpianto e frustrazione perché, per quanto abbiamo amato o siamo stati amati, ci rendiamo conto che non potremo mai uguagliare. Questa è una di quelle storie. Allora viene voglia di prendere il primo volo per San Pietroburgo, passeggiare lungo la Neva, attraversare i Giardini d’Estate e sedersi su quella panchina alla fermata dell’autobus, in attesa.