Il cavaliere nero, di Paolo Biondani e Carlo Porcedda

Creato il 18 dicembre 2013 da Funicelli

UNA CACCIA AL TESORO LUNGA PIÙ DI VENT’ANNI. UNA STORIA CHE SEMBRA UN ROMANZO. GRAZIE A UNA SERIE DI DOCUMENTI INCONTESTABILI, PUBBLICATI IN QUESTO LIBRO, OGGI CONOSCIAMO LA VERITÀ. IL PATRIMONIO NERO DI SILVIO BERLUSCONI NON HA PIÙ SEGRETI.
I due giornalisti Biondani e Porcedda raccontano in questo libro la storia della caccia al tesoro nero di Berlusconi: quello che, grazie all'aiuto dell'avvocato londinese David Mills ha costituito nei paesi offshore, comprando i film dalle major americane tramite queste scatole "di nero", che, passaggio dopo passaggio, facevano lievitare i costi in modo fittizio per Fininvest.
Siccome le società offshore da cui comprava erano inrealtà tutte riferibili a lui, Berlusconi è riuscito a raggiungere diversi obiettivi: pagare meno tasse in Italia (potendo far figuare nei suoi bilanci valori in uscita più alti del vero) e creare all'estero un tesoro in fondi neri, non tassati poiché invisibili al fisco.
Questo meccanismo è servito per poter mantenere il controllo di Tele+, creando dei finanziatori occulti di questa televisione (che per legge Berlusconi non avrebbe potuto controllare direttamente): questi in realtà ricevevano i soldi dal fondo Horizon, riconducibile al cavaliere (nero).
Ma questo tesoro è stato usato anche per pagare in nero i giocatori del Milan (come i tre olandesi del Milan, che sono stato alla fine condannati per frode fiscale). Come il giocatore comprato dal Torino Gianluigi Lentini: la caccia al tesoro è partita proprio dai pagamenti in nero a Lentini: da qui i magistrati sono risaliti alle varie scatole vuote, costituite prima in Svizzera e poi nei Caraibi.
Da queste scatole sono usciti anche i soldi per pagare la corruzione del giudice Metta, per la sentenza sul lodo Mondadori. Per le tangenti di Craxi, quando il governo socialista stava mettendo mano alla riforma del sistema televisivo, la legge "fotocopia" Mammì.
Tangenti che hanno portato alla condanna dei magistrati romani finiti nell'inchiesta "Toghe sporche" (grazie alle rivelazioni del teste Ariosto), come anche delle condanne degli avvocati Previti, Pacifico e Acampora (senza che nessuno di questi abbia risarcito lo stato).
Senza l'aiuto di David Mills, Berlusconi non avrebbe potutto costruirsi questo sistema di nero: inoltre Mills ha aiutato B. anche durante i processi avvenuti negli anni '90 (casi Tele+, caso Lentini), mentendo sul reale proprietario che stava dietro le sue società offshore e nascondendo le carte che erano in suo possesso agli investigatori italiani e permettendo così, ai processi di finire in prescrizione.
Anche il processo per falsa testimonianza a David Mills, è finito in prescrizione.
Prescrizione che, giova ripeterlo, non significa affatto innocenza.
Perché, per difendersi dai processi (che sono iniziati ben prima della sua famosa discesa in campo), il cavaliere nero è ricorso alle leggi ad personam: la revisione del falso in bilancio (che ha mandato in fumo il processo per All Iberian, l'affare Lentini), la legge blocca Rogatorie (poi giudicata non applicabile) per bloccare le rogatorie verso la Svizzera per il processo Previti. La ex Cirielli del 2005, che avendo accorciato i tempi di prescrizione, ha salvato Mills e anche Berlusconi per la corruzione dell'imputato.
E' grazie al pm De Pasquale che si è riusciti ad arrivare alla condanna di B., passato in giudicato dopo la sentenza della Cassazione: ha fatto una contestazione supplettiva a Berlusconi per il reato di frode fiscale, per l'ammortamento delle sue società negli anni 2002 2003.
La buccia su cui è scivolato il cavaliere.
Troppi erano gli indizi, le carte, le testimonianze che convergevano su un'unica verità: quella della sentenza Mediaset
“Silvio Berlusconi è l’ideatore, l’organizzatore e il beneficiario finale di una colossale e sistematica frode fiscale.”
Sentenza Mediaset, 1° agosto 2013.

Questo perché, anche quando era presidente del Consiglio, tutto il castello di nero, tutti i dirigenti del gruppo che trattavano gli acquisti dei film dalle major americane (Lorenzano e Bernasconi) facevano riferimento a  lui:
“Era un’area di attività assolutamente chiusa e impenetrabile… dava conto direttamente a Silvio Berlusconi e non riferiva al consiglio d’amministrazione.”
Francò Tatò, all’epoca amministratore delegato di Fininvest, 1994.

I numero del nero sono impressionanti: i 7 milioni contestati per il reato di frode fiscale sono solo la parte sfuggita alla prescrizione di quei 368 milioni di dollari in nero, su cui B. non ha pagato le tasse. A questi vanno agguinti i 775 milioni di euro, a nero, per gli anni 1988-1994. I depositi fiduciari presso Arner Bank e la banca BIL in Lussemburgo.
I magistrati sono ancora alla ricerca di buona parte di questo tesoro: la più grande caccia al testo l'ha vinta lui, il cavaliere nero: “Berlusconi è stato condannato a rimborsare allo Stato 10 milioni di euro. Meno di un trentaseiesimo dei profitti che ha potuto nascondere all’estero.”


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