Certo, i fatti oggi ci dicono che ci sbagliavamo di grosso su l’intera linea. Perché “Il Cavaliere Oscuro: Il Ritorno” non solo sbarca per concludere l’epica epopea di Batman consegnandola a trilogia ma ci mette anche di fronte a un Bruce Wayne eremita zoppicante, ritiratosi nella sua dimora e restio a riprendere i contatti con il mondo esterno e tantomeno con la sua gloriosa creazione.
Nonostante ciò però il tributo finale di Christopher Nolan all’uomo pipistrello è più o meno quello che ci si poteva attendere (o sperare) alla vigilia: una storia che segue la falsa riga delle precedenti e che si riallaccia fino alle origini per poi chiudere il cerchio e devolvere giusta fama a colui che per difendere la propria gente ha messo in gioco tutta la sua persona, nome compreso, dimostrando di essere disposto ad esalare persino l’ultimo respiro se ritenuta cosa utile per mantenere viva una popolazione considerata dalle forze maligne degradata e incurabile. “Il Cavaliere Oscuro: Il Ritorno” compie allora un destino quasi prestabilito, servendosi questa volta di un cattivo imponente come Bane -diversissimo, per certi versi, da quello che era stato il Joker di Heath Ledger- interpretato da un muscoloso Tom Hardy di poche parole e coperto da una parziale maschera attorno al viso ingombrante abbastanza da renderlo irriconoscibile e da farlo parlare con una inquietante voce metallica (nella versione italiana malamente doppiato da un Filippo Timi quasi sempre eccessivo e fuori tono).
Tuttavia la carne al fuoco da gestire stavolta è tanta, troppa forse, anche per una pellicola di centosessantacinque minuti. Eppure Nolan riesce li dove Sam Raimi aveva fallito anni fa, gestendo efficacemente una lunga quantità di personaggi senza appesantire minimamente l’intero flusso della narrazione. La sua ottima capacità di sceneggiatore l’aveva dimostrata ampiamente in passato e, per quanto siano presenti degli errori e delle “licenze poetiche” su cui si potrebbe (e dovrebbe) chiudere un occhio, qui stupisce nuovamente con un lavoro di scrittura molto trattato e complesso dove spiccano la giusta attenzione ai personaggi, i precisi richiami a “Batman Begins”, i riusciti colpi di scena e una buona gestione degli intrecci. Purtroppo nella parte registica si concede invece a dei momenti a volte confusionari, specie nelle scene in cui a padroneggiare devono essere la velocità e il ritmo, con il risultato definitivo di un capitolo decisamente meno avvincente dei precedenti e destinato magari ad imprimere un’ impronta più flebile ma comunque forte di un finale sontuoso che probabilmente arriva come il regalo più bello che Nolan potesse fare al suo amato protagonista.
Ecco, se fossimo nelle vesti del commissario Gordon, adesso, dovremmo andare a cercare Nolan per ringraziarlo del magnifico operato compiuto, malgrado lui, proprio come il suo eroe, sarebbe indubbiamente contrario a qualsiasi genere di ringraziamento. Ma sfortunatamente, e esattamente come accaduto a Batman, per le strade c'è sempre qualcuno incline a criticare e a giudicare con disapprovazione chiunque si renda protagonista di gesta leggendarie. Queste persone non possono che andare ad occupare la parte del torto, ignare, tra l’altro, di quanto inconsciamente quelle loro negative analisi non facciano altro che ampliare a dismisura il valore di qualcosa che già di per sé è, e resta, notevolmente grande.
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