THE DARK KNIGHT RISES (Usa/Uk 2012)
A volte ritornano. Sempre, nel cinema, quando c’è da completare una trilogia dagli incassi milionari e, cosa piuttosto rara in ambito commerciale, dal grande successo critico. Ci eravamo lasciati ormai quattro estati fa con quello che può essere considerato con una certa dose di sicurezza il miglior superhero movie di tutti i tempi, Il cavaliere oscuro, secondo capitolo della saga di Batman firmata Christopher Nolan. Un lento ritorno, questo (quattro anni per noi, ben otto per gli spaventati abitanti di Gotham City), ma ne è valsa decisamente la pena: se non raggiunge forse gli inarrivabili apici qualitativi del suo predecessore, The Dark Knight rises ci va comunque molto vicino, rappresentando la degna conclusione della trilogia supereroica più esaltante di tutti i tempi.
L’impostazione narrativa è quella di sempre: un crudele psicopatico (Bane, sorta di Hannibal Lecter anarco-comunistoide con la passione per le fogne) minaccia l’esistenza della città di Bruce Wayne, e sarà come sempre il Pipistrellone (interpretato ancora da Christian Bale) a dover aggiustare le cose, questa volta aiutato – ma anche, in un primo momento, ostacolato – dalla sinuosa Selina, al secolo Catwoman (Anne Hathaway). Anche il tono generale della pellicola rimanda coerentemente ai due episodi precedenti: Nolan si prende il suo tempo, conferendo all’opera un tono epico, lento, maestoso, puntellato qua e là da scene d’azione dal grande impatto emotivo (i minuti iniziali dell’attacco aereo, in particolare, sono veramente impressionanti) e sottolineato da una colonna sonora (del fido Hans Zimmer) che più enfatica non si può. L’ironia è ben poca, ma altrettanti sono gli smarmellamenti patetici: Nolan è un regista che prende le sue storie dannatamente sul serio, capace però, ed è quasi un miracolo, di non farsi tentare dai cliché strappalacrime hollywoodiani. È un film duro, questo, e non per finta.
A rendere il tutto un po’ meno indimenticabile rispetto al film del 2008 sono un paio di piccoli difetti. Il cattivo di turno, innanzitutto: per quanto inquietante e non banale, Bane non è certo all’altezza del Joker che fu interpretato da Heath Ledger, uno dei villain più riusciti e memorabili della storia del cinema. Altro limite è rappresentato dai primi 30-40 minuti di pellicola (che ne dura in totale ben 152), in cui la trama, piuttosto complessa e a tratti confusionaria, stenta a decollare (a proposito di decollare: questo discorso non vale per il già citato prologo dell’aereo, assolutamente efficace, un inizio che è una bomba).
Particolarmente interessante è il discorso politico-sociale, così importante a livello narrativo da permettere una lettura del film completamente incentrata sulla dicotomia tra status quo (rappresentato da Batman, tutore dell’ordine prestabilito, dei valori della società occidentale con tutte le sue contraddizioni) e rivoluzione (Bane, i cui discorsi populisti sembrano rimandare, al netto della follia omicida che contraddistingue il personaggio, ora alla Rivoluzione francese, ora a quella russa, ora a certe fazioni estreme del Popolo di Seattle). Curioso notare come il film stia tutto dalla parte di Batman, guardiano di un sistema quantomai marcio e decadente (una delle scene principali della pellicola si svolge non a caso all’interno della borsa valori) visto però come alternativa preferibile a un nuovo ordine apparentemente più giusto (la scena in cui i proletari di Gotham City prendono possesso delle dimore dei ricchi è puro comunismo) ma sotto sotto venato di crudeltà e smania di vendetta sociale. Bane è un black block, un no logo/no global senza patria, senza passato e senza futuro che attira le ire della polizia ben più della criminalità finanziaria e della politica corrotta e inefficiente che consumano la città come un cancro. Anche la polizia di Gotham – commissario Gordon in primis – è vista come un esercito di valorosi pronti a sacrificarsi pur di tutelare un sistema basato sulla menzogna (cfr. il caso della morte di Harvey Dent). Tutto molto 11 settembre.
Finisce in un’idilliaca Firenze baciata dal sole la stupefacente trilogia di Christopher Nolan, ma certo non finisce l’epopea di Batman: che ne sarà del giovane agente Blake (Joseph Gordon-Levitt), che sul finale scopriamo essere un Robin in erba? E cosa combinerà Harvey Dent nei panni di Two-Face? Bruce Wayne tornerà a vestire i panni del Cavaliere Oscuro o si limiterà a godersi la pensione in Toscana? Chi sarà a narrarci le loro gesta? Perché qualcuno ci sarà sempre: un tempo le mitologie si tramandavano a voce di generazione in generazione, oggi diventano saghe cinematografiche complesse e milionarie che di provvisorio hanno una sola cosa: la fine.
Alberto Gallo