Michele Placido ha affermato che Il cecchino è il suo Romanzo criminale francese. Frase piuttosto temeraria, semplicistica e probabilmente dettata da esigenze di sintesi per il battage pubblicitario perchè non è propriamente così.
Diciamo che Il cecchino è una rilettura di genere ( il polar in questo caso ) che ha al massimo qualche intarsio proveniente dallo stile di Romanzo criminale.
Del resto Placido si è trovato di fronte a un pacchetto già preparato con sceneggiatura e i tre protagonisti già pronti all'uso ( tre pesi massimi del cinema francese come Auteuil, Kassovitz e il feticcio dardenniano Gourmet qui in una parte decisamente inedita per lui).
E quindi ha messo al servizio di questa produzione su commissione tutto il suo savoir faire nel cinema action. E il risultato almeno dal punto di vista registico è abbastanza apprezzabile.
Anzi fa piacere trovare un regista italiano dietro una produzione curata come questa perchè vuol dire che qualcuna delle nostre maestranze tecniche ha ancora un buon nome a livello internazionale( a Placido aggiungerei anche l'ottimo lavoro alla fotografia di Arnaldo Catinari che ci regala una Parigi livida, grigiastra, ben lungi dall'immaginario da cartolina che la capitale francese si porta dietro).
Se dal punto di vista delle sequenze action c'è poco o nulla da dire perchè Placido dirige dimostrando di aver ben presente il modello americano in quanto a dinamismo e spettacolarità anche se si avverte ancora un po' di scarto con le megaproduzioni hollywoodiane( questione di investimenti) , Il cecchino durante il suo svolgimento soffre di alcune sbavature frutto di una sceneggiatura indecisa su quale strada intraprendere.
La costruzione dei personaggi è abbastanza stentata: se il Mattei di Auteuil è un personaggio centrato, il cecchino interpretato da Kassovitz non è fuggente come imporrebbe il ruolo e anche il personaggio di Gourmet sembra decisamente sovvraccarico, responsabile di un cambio repentino nella direzione che il copione prende( era proprio necessario inserire una parentesi torture porn con annesso salvataggio di vittima del bruto?)
Argentero versione baffuta nella parte del bandito ferito ha poi un suo perchè , mentre sfugge del tutto il motivo della presenza della classica pupa del gangster Violante Placido ( o forse una ragione c'è...ma suvvia non vogliamo essere cattivi) in un personaggio artefatto , inutilmente melodrammatico e soprattutto assolutamente superfluo per la costruzione del climax drammaturgico del film.
C'è spazio per uno psicopatico serial killer da torture porn, per parlare di scenari di guerra mediorientali, di quanto marcio c'è sotto, c'è anche il tempo per un confronto tra Auteuil e Kassovitz, i due poli opposti in questa pellicola, in cui i confini tra il bene e il male non sembrano poi così netti, anzi vengono sfumati in una bella dose d'ambiguità.
Stuzzicante il cameo che si ritaglia Placido davanti alla macchina da presa, un cameo ulterormente impreziosito dalla presenza di Fanny Ardant che dimostra classe innata anche quando ha a che fare con armi che mal si addicono alle sue manine gentili.
Altro pregio del film è al sua durata tenuta saggiamente sotto i 90 minuti: tutto questo permette di avere un ritmo piuttosto elevato che non premette troppi voli pindarici o distrazioni da parte degli spettatori.
Il cecchino ha un po' l'acre sapore dell'occasione sprecata ma di questi tempi grami bisogna anche sapersi accontentare di quello che passa il convento.
E non è poco.
( VOTO : 6 + / 10 )