Placido si sposta in Francia e si scopre superficiale. Il cecchino (Le Guetteur, ) è un polar (genere cinematografico principalmente transalpino, che nasce dalla fusione di poliziesco e noir) classico, ma estremamente fine a se stesso.
Mattei, capitano della polizia parigina, è a un passo dalla cattura di una pericolosa banda. Tuttavia, durante una rapina, il piano del poliziotto viene smembrato da un cecchino appostato su un tetto. Mattei inizia una caccia all’uomo, che riesce grazie anche a una soffiata anonima. Il cecchino (Kaminski) viene catturato, ma il misterioso uomo nell’ombra comincia a uccidere i componenti della sua banda e la sua avvocatessa, donna amata e rivista dopo molti anni. Fuggito di prigione comincia una vendetta personale, che coinvolgerà anche il capitano Mattei.
Il cecchino nasce come film per la tv (francese) e si vede. Non tanto per lo stile (tradizionale), ma per la condensazione di avvenimenti e di colpi di scena in poco meno di un’ora e mezza. Placido dirige qualcosa che gli appare estraneo, lontano dalle storie di criminalità che lui conosce e che ha rappresentato in modo letterario e anti-eroico (alcuni le hanno definite apologie). Difatti a Il cecchino manca l’ampiezza di respiro che si annusava in Romanzo criminale (2005) e in Vallanzasca – Gli angeli del male (2010), manca quella passione (e amore per il protagonista) che permetteva allo spettatore non di giustificare gli atti malavitosi dei protagonisti, ma perlomeno di ammirarli. L’ultima opera del regista pugliese (che appare in un cammeo non necessario) si apre e si chiude frettolosamente, non si sviluppa e appare abbozzata nella caratterizzazione dei personaggi. Sono questi i limiti (aggiunti all’involontaria presenza scenica di Violante Placido, inutilmente lacrimosa) di un film che non appassiona, ma che ha dalla sua parte una costruzione narrativa talmente classica da ricalcare le pellicole di genere anni settanta/ottanta. Infatti osserviamo la lotta interna alla banda dopo una rapina fruttuosa, la vendetta del singolo e la polizia che “s’incazza”, ma che ostenta un capitano ligio al dovere, ma anche alla morale (e forse è per questo che non preme il grilletto). Ma non solo perché va aggiunta, alla già citata formula, una fotografia sgranata e fumosa e una carrellata di attori transalpini in stato di grazia, ma giustapposti in modo confusionario. Kassowitz, Gourmet e Auteuil fanno il loro lavoro, ma non si vede a occhio nudo il supporto a livello narrativo e stilistico. E non basta lo scontro tra le due forti personalità del film (Mattei – Kaminski), nel quale viene esibito un malinconico sentimento di due uomini che hanno perso qualcuno. Placido scivola in terra straniera, tende a imitarsi (fortunatamente non a ricalcarsi per eccesso di pudore) e si ritrova sbalzato dalla televisione al cinema in modo assolutamente non previsto.
Non trattandosi di un esercizio di stile, di una conferma del talento registico di Placido o di una pellicola dalle conclamate ambizioni, per quanto riguarda Il cecchino si possono abbassare le pretese e non infierire. Superficiale e banale, Il cecchino è un prodotto minore. Un film che passa velocemente senza lasciare il segno.
Uscita al cinema: 1 maggio 2013
Voto: *1/2