Importante richiamare in particolare alcuni scritti risalenti al 1945, anno in cui l’emerito professore, nonché Senatore della Repubblica per una legislatura, li pubblicò sulle colonne del quotidiano torinese, organo della DC, “Il Popolo Nuovo”; riflessioni raccolte nel volumetto, edito da Marsilio, “Centrismo: vocazione o condanna?”. Ad incorniciare questi interessanti contenuti, quasi da contraltare, un’illustrante introduzione di Norberto Bobbio. Rendere permeabile il senso e il significato di considerazioni altrimenti ritenute con superficialità reazionarie o grettamente conservatrici; a Del Noce riesce così di smarcarsi dal riottoso pericolo di decantare l’ordine sociale esistente, tipico disegno ostinato delle destre, senza comunque riconoscere alle sinistre quella portata innovatrice di cui si fanno portavoce senza riuscire a rifuggire forme di giacobinismo becero e violento. Oggi come allora, i nuovi giacobini infatti ritengono sia possibile affrontare la prevaricazione del fascismo (oggi strisciante e subdolo) solo opponendole altrettanta violenza, dando così vita al cosiddetto antifascismo che altro non è che un fascismo di senso contrario.
Da qui la necessità da parte del pensatore di proporre la DC come unica forza politica di mediazione fra destra e sinistra, in quanto partito di centro in grado di stabilire continuità tra il nuovo e la tradizione; ricorrendo all’esaltazione dei principi eterni ed immutabili che regolano la Storia, è riuscito poi ad avvalorare la sua posizione distante da ogni forma di conservatorismo nostalgico e reazionario. Fondamentale dunque sottolineare come la filosofia di Del Noce sia tutta riferita alla fondazioni dei valori tradizionali, rilevando in essi non una lettera morta ereditata dai padri fondatori, ma bensì l’ago di una bussola orientato verso un impegno che voglia dirsi etico e politico.
Un pensiero fulgente illumina questi scritti: Centro è apertura del nuovo sull’orizzonte dell’eternità dei principi. Straordinariamente attuale questa considerazione, se si pensa che proprio in questo momento storico in Italia si sta lavorando all’attuazione di un grande progetto che, oggi come allora, vuol essere il luogo e la bambagia in cui far riposare un processo di moderatismo atto a frenare quelle pulsioni più radicali che i due schieramenti faticano ad attenuare; tutto questo è possibile, perché solo in questa difficile politica di centro e dell’impedimento che essa porta all’opposizione frontale delle destre e delle sinistre, sta la possibilità di salvare la libertà e la democrazia.
Nelle riflessioni del pensatore cattolico questo partito viene considerato compendio di ideali e di progetti, di una politica di mediazione definita dalla straordinaria energia della fedeltà creatrice, termine nuovo che sta ad indicare il potere intermedio che questa nuova forza politica può esercitare; non insomma il partito della “palude” in cui si darebbe l’impressione di commissionare un miserevole “doppio gioco”, accusa ancora oggi avanzata dietro la parvenza più moderna di “doppio forno”.
L’immagine della fedeltà creatrice è il perno di tutta l’analisi politica del filosofo; operando una corrispondenza tra questo nuovo gesto e la fedeltà del cristiano che, nel suo peregrinare in questa valle di lacrime che è la Storia, non fa che affidarsi in tutto e per tutto a quei principi che gli consentono comunque di costruire la speranza per il futuro, dimostra quanto sia realizzabile in Terra quella giusta forma di democrazia in cui si possano creare sempre più soluzioni nuove alla problematica sempre nuova che l’esperienza storica offre.
E qui è chiaro quanto il nesso tra democrazia e cristianesimo sia indissolubile, e sempre più nettamente si evidenzia questa approssimazione laddove Del Noce rileva finalmente il supremo compito della democrazia: dare a tutti il modo di vivere e di esprimere liberamente la propria volontà.
Ora, ci chiediamo, non si trova tra i valori fondanti del cristianesimo il presupposto del rispetto della persona? E, di rimando, non è questa smisurata considerazione delle intenzioni di ogni miserrima individualità la condicio sine qua non per cui ogni progettualità possa riconoscersi veramente democratica e cristiana? La politica del cristianesimo esprime pertanto quella tanto agognata politica di centro a cui Del noce ripone particolare fiducia, in quanto appunto unica forma d’esercizio di potere che possa rivendicare nell’uomo un principio spirituale indipendente dalla società.
In una modernità accecata da un processo ineluttabile di secolarizzazione in cui gli spazi riservati alla fenomenologia del mistero e del soprannaturale sono sempre più esigui, in una società tecnocratica in cui i valori si eclissano sempre più lungo la linea dell’orizzonte nichilista, Augusto Del Noce ci sussurra in queste pagine di un ritorno alla visione religiosa; senza con ciò volerci invitare ad affrontare un’esperienza mistica in cui la politica si elevi a religione (questo avveniva con i totalitarismi), ma esortandoci ad esercitare il rispetto per ogni singola persona, come in ogni democrazia che si rispetti.
E come in ogni democrazia cristiana che si auspichi.