Il centrosinistra russo pensa all’asse con i comunisti

Creato il 06 febbraio 2012 da Alessandroronga @alexronga

Sergej Mironov

Quando manca meno di un mese dalle Presidenziali 2012, può succedere che il socialdemocratico Sergej Mironov prenda in considerazione la possibilità che il suo partito, Russia Giusta, dia vita dopo le elezioni ad uno schieramento unico di centrosinistra, alleandosi con il Partito Comunista di Gennadj Zjuganov: un blocco politico con 156 seggi alla Duma (contro i 238 di Russia Unita), che potrebbe vedere la luce in occasione di un eventuale ballottaggio tra Putin e Zjuganov, ma che nei piani dell’ex presidente del Senato russo è destinato a materializzarsi dopo la consultazione del prossimo mese. Mironov ha parlato di un gruppo di lavoro congiunto che verrà riunito una vola eletto il nuovo presidente, e che avrà l’obiettivo di presentare già dalle prossime elezioni locali una lista unica di centrosinistra.

Il leader di Russia Giusta si dice convinto che l’ideologia comunista non sia un problema, poichè rappresentu una questione del passato, sottolineando di contro che il processo di unificazione tra i due partiti è determinato da una condivisa visione socialista, che fungerà da comun denominatore per una futura cooperazione.
In realtà, i punti di divisione tra i due partiti sono numerosi, a cominciare proprio dalla “visione socialista” di cui parla Mironov: più tendente alla tradizione europea quella di Russia Giusta, più nostalgica e vicina al massimalismo quella del partito di Zjuganov. Il leader comunista, del resto, considera il suo schieramento come il diretto erede del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, e non mancano durante le manifestazioni i militanti con la bandiera rossa dell’Urss e le foto di Stalin.

L’avvicinamento tra Mironov e Zjuganov potrebbe creare non pochi problemi a Russia Unita, il partito di Putin e Medvedev, che, dopo la sconfitta alle elezioni di dicembre, non ha più alla Duma una maggioranza “qualificata”. Un eventuale supporto “esterno” di Russia Giusta alla maggioranza (ad esempio in occasione di votazioni su leggi costituzionali) diverrebbe a questo punto improbabile.