Questa è più o meno la vista che si offre a chi arriva davanti alla porta di casa mia. E già questa basta a conquistarmi: c'è quasi tutto, lì.
C'è la bordura rocciosa del laghetto, con le piante del polacco e le aromatiche messe da noi. C'è la ricostruzione di Stonehenge, un po' kitsch ma irrinunciabile. E c'è il cerchio di pietre, con la sua betulla a proteggerlo e ombreggiarlo.
Il cerchio è la cosa più strana e meno funzionale del mio nuovo giardino. Ed è l'elemento che meno verrà toccato: mi limiterò a tenerlo in ordine e a sedermici dentro ogni tanto, quando sono stanca di lavorare e ho voglia di guardarmi intorno.
Oddio, non che sia poco lavoro. Con tutte le piogge che ci sono state a maggio, fino a una decina di giorni fa il cerchio di pietre somigliava più a un prato che a un acciottolato.
Poi un pomeriggio mi ha presa lo sconforto e, nonostante il dolore a una spalla, sono andata a strappare erba al ritorno dall'ufficio. È stato terapeutico sia per la spalla sia per il mio animo, mettermi a sradicare tarassaco e trifoglio sotto gli occhi curiosi dei conigli.
L'unica erba a cui ho deciso di permettere l'accesso al mio cerchio è la cotonaria (grazie Vesnuccia per avermi detto il nome).
Ho scoperto che si è autoseminata, il che mi sembra ancora più bello e significativo.
Per ora, se ne sta ancora un po' in disparte: le foglie hanno riempito un po' tutto il cerchio, ma è fiorita solo in un punto.
La betulla, in tutto questo, ombreggia, protegge, osserva. Ogni tanto le cade qualche ramo, e così mi è venuta la fantasia di provare a tingere con questi rametti (pare che la corteccia dia il rosa). Soprattutto, nonostante le tantissime zanzare di quest'anno, mi invita a passare qualche minuto lì nel cerchio, a strappare erba e socializzare con i conigli.
Forse è a questo che serve un cerchio di pietre.