Conosciamo bene attraverso i "media" il dramma della Somalia, che da oltre vent'anni é martoriata da una guerra civile "infinita" ed é divenuta lo spettro di se stessa.
In breve, si può dire, che é una specie di terra di nessuno nelle mani di fondamentalisti islamici, di molteplici signori della guerra, di uomini senza scrupoli insomma, che fanno il bello e il cattivo tempo, ad ogni pié sospinto, razziando, uccidendo, ricattando.
Sappiamo anche dei campi profughi, autentica anticamera dell'inferno sulla terra e della fame che uccide senza troppi distinguo.
E sappiamo pure della difficoltà per far pervenire in loco, in tempo utile, gli aiuti umanitari inviati dall'Occidente per via di una logistica terribilmente scarsa e di ruberie varie.
Meno sappiamo forse di quanto sia attualmente a rischio, con tutta la buona volontà dimostrata dagli operatori sanitari dell'organizzazione umanitaria internazionale ,che risponde al nome di "Medici senza frontiere"(MSF), il soccorso alle persone effettivamente bisognose di cure.
Questo perché MSF non strombazza mai ai quattro venti il proprio impegno in situazioni anche "estreme".
Sta di fatto però che,a fine dicembre scorso, a Mogadiscio, ormai città fantasma, l'Organizzazione ha subìto delle perdite e si trattava appunto di due operatori sanitari, che lavoravano a progetti di assistenza di emergenza.
E, tre mesi fa, sono state invece rapite due operatrici, che assistevano i profughi somali a Dadaab,il tristemente sovraffollato campo profughi nel Kenya settentrionale.
Ecco allora che sorge spontaneo da parte dei responsabili di MSF un'interrogativo imbarazzante:" Andare via dalla Somalia, lasciando uomini, donne, bambini e anziani senza alcuna possibilità di cure, in caso di necessità, o rimanere nonostante i grossi pericoli, che si corrono giornalmente ?".
E la risposta ad una decisione, che l'Organizzazione comunque non vorrebbe prendere, può essere data soltanto dalle autorità che controllano quelle zone del Paese, dove possono essere state eventualmente condotte le donne dai loro rapitori e sopratutto dalla popolazione civile, che magari sa, e deve offrire il proprio contributo senza esitare.
Pena il verificarsi, se MSF decidesse di andare via definitivamente, di una situazione di enorme e di quasi certamente ingestibile disagio per tutti i somali.
MSF è presente in Somalia, per chi non lo sapesse, fin dal 1991.
Da allora ad oggi ha praticato numerosi interventi sia delicati che di routine anche in contesti difficilissimi.
Ha vaccinato moltissimi bambini e curato la malnutrizione endemica e le più comuni malattie tipiche dell'infanzia.
Pertanto con o senza la presenza di MSF in Somalia non si può dire certo che sia la stessa cosa.
Perciò chi può fare, ci pensi. E sopratutto faccia.
A chiederlo ufficialmente è Unni Karunakara,presidente internazionale dell'Organizzazione, interessato sì a continuare il lavoro iniziato in Somalia ma, sopratutto, a salvaguardare al tempo stesso l'incolumità di tutti i suoi operatori.
Come è giusto che sia.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)