Il cibo degli dèi - la storia
Da Saraferrariphoto
@SaraFerrariPhot
Il mito azteco narra che questo frutto dai semi tanto amari quanto preziosi si sia originato dal sangue di una indomita principessa.Mentre il consorte era in guerra per difendere i lontani confini del suo regno, la giovane donna si fece uccidere pur di non rivelare ai nemici il luogo in cui erano custodite le ricchezze del suo sposo e del suo popolo.Dal sangue della principessa nacque la pianta del cacao, il cui frutto nasconde un tesoro di amarissimi e robusti semi, acri come le sofferenze dell’amore, forti come la virtù della giovane e rossastri come il sangue versato.Secondo il mito, questo frutto fu il dono della divinità dell’antico popolo per ripagare la fedeltà della giovane principessa e presso gli Aztechi simboleggiava anche la fedeltà assoluta che i sudditi dovevano al loro imperatore.In realtà la nascita di questo alimento dal sapore così particolare è ben diversa, molti studi hanno portato ad attribuire la nascita del cioccolato agli Olmechi. Nella zona che oggigiorno chiamiamo Messico , agli arbori della civilizzazione umana, cominciò a svilupparsi il popolo degli Olmechi, che declinò quasi completamente nel 400 a. C. Su di loro esistono poche testimonianze, si presume ad ogni modo che siano stati i primi a coltivare il cacao. Essi cominciarono a schiacciare e mescolare all’acqua questi frutti in modo da poterli bere in una miscela di nutrienti.Sviluppatasi a sud dello Yucatan, la civiltà Maya, ha il suo apice dal 250 al 900 d.C.È molto probabile che i Maya abbiamo ricevuto dagli Olmechi l’insegnamento a coltivare e usare il cacao. Bisogna sottolineare che questa grande civiltà fu la prima a utilizzare il termine “cacao”.Nel XIII secolo gli Aztechi sottomisero quel che restava dei Maya e imposero loro il pagamento di pesanti tributi in fave di cacao. Da quel momento in avanti, i semi diventarono un bene agognato, riservato alla classe nobile, e un segno di ricchezza. Una sorta di merce moneta, tanto preziosa da venire falsificata con finti semi fatti di terra e cera.La bevanda era anche protagonista dei violenti rituali per i quali il Popolo del Sole ha sempre goduto di pessima fama; è testimoniato infatti che le vittime destinate al potente dio, la notte prima del sacrificio, dovevano bere la bevanda rossa a base di cacao, a volte mischiato persino col sangue degli stessi sacerdoti.15 agosto 1502, non è una data rimasta sui libri di storia come la “scoperta dell’America”, ma in questo giorno il mondo occidentale incontrò per la prima volta il cacao. Al suo quarto viaggio Cristoforo Colombo sbarcò nell’isola di Guanaja: gli venne incontro una grande canoa Maya, con tanti doni che furono rapidamente sequestrati dall’equipaggio. Il figlio dell’ammiraglio Colombo, Ferdinando, annotò che dentro a una cesta erano contenute “una quantità di mandorle che nella Nuova Spagna (Messico) sono usate come denaro”. Pare anche che a Colombo fosse anche stata offerta una tazza di quella bevanda fatta con quelle mandorle, ma l’ammiraglio non l’apprezzò. Dieci anni prima era stato mandato in quelle terre lontane per cercare oro e pietre preziose: Colombo non solo non capì di essere arrivato in America, ma non comprese anche il valore di quelle fave che per dovere d’ufficio portò alla Corte di Madrid, senza suscitare alcun interesse.Fu invece il militare Hernán Cortés ad aprire la strada del cacao.Secondo la mitologia Azteca il loro dio aveva abbandonato da millenni il proprio popolo, ma prima o poi sarebbe ritornato dal mare per riportare gli Aztechi al loro antico splendore.Quando nel 1519 arrivarono le navi spagnole, l’imperatore Montezuma accolse Cortés a braccia aperte e gli offrì un'intera piantagione di cacao. Ma ben presto il Popolo del Sole e il suo re si accorsero delle reali intenzioni di quel guerriero. Cortés impiegò due anni a piegare la resistenza degli Aztechi e di Montezuma, e al suo ritorno in Spagna divenne il primo estimatore del cibo degli dèi. In Messico avviò numerose coltivazioni di alberi di cacao e da Cuba vi portò la canna da zucchero. Pare che siano state le suore di Oaxaca in Messico a trovare il modo di rendere più gradevole quel infuso tanto amaro degli Aztechi, sostituendo il miele selvatico, originalmente utilizzato per addolcire la bevanda, con lo zucchero di canne proveniente dalle colonie spagnole dei Caraibi. Da quel momento, la cioccolata cominciò ad essere apprezzata anche in Spagna e si sviluppò un intenso traffico di cacao da Veracruz a Siviglia. Per quasi tutto il Cinquecento il cacao e la sua lavorazione fu affare soltanto spagnolo. La Corte volle mantenere segreta la sua composizione, fino a quando non incominciò a diffondersi negl’altri palazzi reali e nelle curie.Utilizzato alla corte di Carlo V come medicamento per la cura di ogni sorta di malattie e infezioni, diventò presto una moda in seno alla nobiltà spagnola. Nel 1615 si ebbe un ulteriore contributo alla diffusione della bevanda, quando la Principessa di Spagna Anna d'Austria , sposa di Luigi XIII, importò alla corte di Francia non solo l'uso di bere la cioccolata, ma anche tutta l’attrezzatura per la sua preparazione che doveva essere solo ed esclusivamente a cura della propria damigella di corte.L’abitudine a bere la cioccolata non si perse col passare del tempo come la maggioranza delle mode, anzi continuò la sua scalata verso le corti europee. In Francia, Maria Teresa di Spagna, dopo il matrimonio con Luigi XIV, introdusse l’uso di berne una tazza al risveglio e durante le udienze, cosa che dette moltissima popolarità alla bevanda, tanto che alla fine del 1500 esistevano almeno venti ricette diverse sulla preparazione del cioccolato in tazza.In Italia inizialmente si diffuse nei territori occupati dalla Spagna (regno di Napoli, Sicilia, Sardegna e ducato di Milano); a Firenze si estese alla corte dei Medici grazie al particolare interesse del principe Cosimo per le novità culinarie del Nuovo Mondo; mentre a Torino prima grazie a Emanuele Filiberto di Savoia, capitano generale dell’esercito spagnolo, poi a Carlo Emanuele I, marito di Caterina d’Austria di Spagna. Ma il merito della vera e propria introduzione del cioccolato nel nostro Paese è dovuto a fiorentino Francesco D’Antonio Carletti, viaggiatore che nel 1606 raccontò in un manoscritto il suo incontro col cacao. Ma la vera rivoluzione vi fu in Francia, il 28 maggio 1659, quando il Re Sole concesse a David Chaillou una sorte di “patente” per vendere e preparare la polvere di cacao in tutto il territorio francese; questo evento segnò la nascita del primo maître chocolatier, figura che in Italia apparirà soltanto nella Torino del 1678.Le fabbriche dei sogni:I tre secoli che vanno dal 1700 al 1900 non furono solo i secoli di grandi innovazioni, come l’avvento della prima macchina idraulica per la raffinazione del cacao (seconda metà del ‘700), e la comparsa di un torchio speciale per spremere i grani macinati e separare il burro dalla polvere di cacao, furono anche caratterizzati dall’apertura di molteplici cioccolaterie e fabbriche produttrici di cioccolato:- Caffarel: l’azienda venne fondata nel 1826 a Torino da Pierre Paul Caffarel. Nel 1865 l’artigiano decise di mescolare il cacao con le nocciole tritate e lo zucchero, ottenendo così un impasto più morbido, chiamato Gianduja. L’azienda decollò con le prime macchine di produzione industriale durante la gestione di Ernesto Alberto Caffarel. Ma la crisi del 1929, in seguito al crollo della borsa di Wall street, fece chiudere lo stabilimento torinese, fino al 1930, quando riuscirono a riaprirlo. Nel 1945, la fabbrica uscì distrutta dalla guerra per i numerosi bombardamenti, ma una ricostruzione accurata la riportò all’antico splendore e a una produzione di dolciumi sempre maggiore. In occasione delle Olimpiadi Invernali tenutesi a Torino nel 2006, Caffarel ottenne il marchio dell’evento e creò una gamma completa di prodotti per quell’evento.
- Perugina: nacque nel 1907 su iniziativa di Francesco Andreani, Leone Ascoli, Francesco Buitoni e Annibale Spagnoli. Nel 1 915 si trasformò in un’industria e nel 1922 mise in commercio il celebre “Bacio”, nato da un idea di Luisa, la moglie di Annibale Spagnoli. Nel dopoguerra l’azienda commercializzò nuovi prodotti come merendine per bambini e tante praline di ogni gusto e tipo. Nel 1988 la Perugina venne acquistata dalla Nestlé.
- Ferrero: nacque nel 1942 ad Alba, in Piemonte, dove Pietro Ferrero, nel 1946, creò il suo “dolce degli umili” chiamato “Giandujot”, un impasto di crema confezionato incarta stagnola, facilmente tagliabile e spalmabile sul pane. Fu un grande successo che portò ad un enorme aumento di produzione. Nel 1956la Ferrero aprì il primo stabilimento estero nei pressi di Francoforte in Germania, che tre anni più tardi produrranno il Mon Chéri. Il20 aprile1964il Giandujot cambia formula, densità e nome, dando vita ufficialmente allaNutella. Dal 1968 l’azienda aprì stabilimenti in Francia, Olanda, Belgio e Svizzera, segnando anche la nascita del Kinder Sorpresa e del Ferrero Rocher. Ancora oggi la Ferrero continua la sua crescita proponendo alle popolazioni di tutto il mondo piccole prelibatezze al cioccolato.
Le magie degli chef:- Barozzi: nasce a Vignola, un piccolo centro tra Modena e Bologna, dove la pasticceria Gollini difende la segretezza di questo dessert molto imitato. Creata nel 1907, Eugenio Gollini, il suo creatore, volle dedicarla al concittadino Jacopo Barozzi, un grande architetto del Cinquecento, detto “Il Vignola".
- Sacher Torta: nata nel 1832 dal sedicenne Franz Sacher. A quel tempo il ragazzo era al servizio del cancelliere austriaco che ordinò all’équipe di pasticceria del palazzo di preparare un dolce “forte e virile”, e poiché il capo chef era malato, Franz si mise all’opera. Il risultato del suo impegno su un gran successo, tanto da incoraggiarlo ad aprire una pasticceria.
- Bacio: nasce nel 1922 da Luisa Spagnoli. Originariamente si doveva chiamare “Cazzotto”, ma fu Giovanni Buitoni, socio dell’azienda di Perugia, a volere il nome attuale. L’immagine del Bacio fu affidata a Federico Seneca, direttore artistico della Perugina, che attraverso la rielaborazione del famoso quadro di Francesco Hayez, “Il Bacio”, creò la scatola blu con i due innamorati e in seguito vennero inserite piccole cartine con frasi d’amore.
- Cremino:nel 1911 la fabbrica di automobili Fiat indisse un concorso fra tutti i cioccolatieri italiani per l’invenzione di un nuovo cioccolatino, da riservare in esclusiva alla fabbrica torinese a scopo pubblicitario per il lancio della nuova automobile Tipo 4. Vinse un cremino a forma di cubo, con quattro strati alternati, ideato da Aldo Majani di Bologna. Fu un successo travolgente ma solo la Fiat poteva distribuire il nuovo cioccolatino durante le varie presentazioni. Soltanto nel 1913 Majani ottenne il permesso di vendere nel suo negozio il nuovo cioccolatino, a condizione che mantenesse il nome Fiat.
- Gianduiotto: nato a Torino nel 1865 dall’idea di Caffarel di mescolare il cacao con le nocciole e lo zucchero per rendere più morbido l’impasto. Inizialmente il particolare cioccolatino si chiamava givu, che in dialetto pienontese significa “cicca di sigaretta”, poi prese il nome della maschera carnevalesca di Torino.
- Nutella: La Nutella vera e propria, come la conosciamo oggi, nasce ufficialmente nel 1964, ma le sue origini risalgono al 1945, nel retrobottega della pasticceria Ferrero in Piemonte. Nel dopoguerra la popolazione non si poteva permettere l’acquisto di dolci, fu così che Mastro Ferrero ebbe l’idea di amalgamare il cioccolato gianduia con il burro di cacao, in un composto simile a una marmellata semisolida. Fu nell’estate del 1949, in seguito al caldo che sciolse le tavolette che Pietro Ferrero decise di mettere questo impasto in barattoli e venderla come crema da spalmare. Nel 1964 fu il figlio di Pietro Ferrero, Michele, a perfezionare la ricetta e a darvi il nome “Nutella”.
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