Ci sono alcune mattine nelle quali ci sia alza senza troppa convinzione e vorresti rimanere nel letto ancora alcuni minuti, alcune ore. Ci si convince spesso che nelle nostre piccole stanze l'atmosfera sia stranamente magica rispetto al freddo della piazza. Ci rifugiamo sotto le coperte, chiusi al mondo. In quel momento possiamo sognare un mondo diverso perché siamo consapevoli della difficoltà di questo mondo. Un neo genitore accorto spererà sempre che il proprio figlio appena nato troverà più coesione, più libertà, più democrazia o al massimo può sperare che il pargolo possa impegnarsi a cambiare questo mondo. Allo stesso modo noi stiamo chiusi in quelle stanze sperando che il bambino che c'è in noi riesca a farci ritrovare l'entusiasmo di uscire nel mondo. C'è spesso un senso d'impotenza: la voglia di fare qualcosa che serva si scontra con la difficoltà oggettiva di diventare utile alla causa. La possibile soluzione a questa sensazione, l'impegno, si trovano davanti la complessità delle opzioni possibili, delle scelte da prendere.Da una parte hai la tua stanza, i tuoi affetti, i tuoi amici, la tua tranquillità, i tuoi films, il tuo romanzo da leggere sul prato di un parco, dall'altra hai aspettative mal riposte, giornate di manifestazioni, battaglie più spesso perse che vinte e un mondo quasi indifferente a ciò che tu ritieni importante. La scelta di rimanere in quella stanza con il tuo cielo è certamente quella più semplice, quella più normale in paesi dove ciò che ritieni importante viene comunemente accettato da tutti; ma in questo paese quel cielo rischia di essere pesante. L'opzione di confrontarsi con ciò che ci circonda rischia di essere obbligatoria quando il rumore pesante dell'assenza di libertà e questo spregio volgare delle regole democratiche preme sulla nostra finestra ed è un rumore sordo contro la nostra porta. Prima che ci tolgano il cielo nella nostra stanza proviamo a manifestare il nostro dissenso: le parole sono sempre migliori del nostro silenzio.
Dire la verità è un atto d'amorefatto per la nostra rabbia che muore