Tuttavia è innegabile che ci sia un fil rouge che collega Black Swan (tradotto in italiano Il Cigno Nero) alla precedente opera di Darren Aronofsky: di nuovo ci si interroga sull'ineluttabilità delle passioni, sull'impossibilità di cambiare la propria natura, sulla ricerca di un equilibrio che si rivela vana difronte alla consapevolezza che non basta semplicemente "sopravvivere". E di nuovo la telecamera a spalla segue in maniera ossessiva la protagonista per tutta la durata del film, Aronofsky sembra innamorato dei propri personaggi(attori), non li molla un attimo, coglie ogni loro piccola espressione, ogni sfumatura di una performance magistrale, quella della definitiva consacrazione di Natalie Portman. Una storia forse più intimista, più piccola rispetto a quella di The Wrestler: Nina nella continua ricerca di se stessa entra in conflitto con il suo io e con il suo contesto sociale, governato dalle leggi dell'ambizione e dell'arrivismo, e contro un genitore che riversa sulla figlia le proprie frustrate ambizioni giovanili. Toni grigi, forti contrasti tra bianchi e neri, il mix sonoro, una musica martellante (a proposito, grandioso il lavoro del compositore Clint Mansell sulle note di Tchaikovsky) e un ritmo forsennato, quasi insostenibile, contribuiscono a creare un atmosfera da thriller psicologico e Aronosfky gestisce alla perfezione il crescendo del film verso la scena finale della prima del Lago dei Cigni, vero e proprio climax del film, in cui forse si potevano risparmiare alcuni effetti (effettacci ?) speciali che non aggiungono nulla e possono distrarre lo spettatore.E' comunque l'unico "difetto" che si può imputare a quello che è un film splendido, da vedere e rivedere, la consacrazione per uno dei nuovi autori americani più interessanti che si spera non si imbastardisca con il suo prossimo progetto, il megablockbuster Wolverine.
Tuttavia è innegabile che ci sia un fil rouge che collega Black Swan (tradotto in italiano Il Cigno Nero) alla precedente opera di Darren Aronofsky: di nuovo ci si interroga sull'ineluttabilità delle passioni, sull'impossibilità di cambiare la propria natura, sulla ricerca di un equilibrio che si rivela vana difronte alla consapevolezza che non basta semplicemente "sopravvivere". E di nuovo la telecamera a spalla segue in maniera ossessiva la protagonista per tutta la durata del film, Aronofsky sembra innamorato dei propri personaggi(attori), non li molla un attimo, coglie ogni loro piccola espressione, ogni sfumatura di una performance magistrale, quella della definitiva consacrazione di Natalie Portman. Una storia forse più intimista, più piccola rispetto a quella di The Wrestler: Nina nella continua ricerca di se stessa entra in conflitto con il suo io e con il suo contesto sociale, governato dalle leggi dell'ambizione e dell'arrivismo, e contro un genitore che riversa sulla figlia le proprie frustrate ambizioni giovanili. Toni grigi, forti contrasti tra bianchi e neri, il mix sonoro, una musica martellante (a proposito, grandioso il lavoro del compositore Clint Mansell sulle note di Tchaikovsky) e un ritmo forsennato, quasi insostenibile, contribuiscono a creare un atmosfera da thriller psicologico e Aronosfky gestisce alla perfezione il crescendo del film verso la scena finale della prima del Lago dei Cigni, vero e proprio climax del film, in cui forse si potevano risparmiare alcuni effetti (effettacci ?) speciali che non aggiungono nulla e possono distrarre lo spettatore.E' comunque l'unico "difetto" che si può imputare a quello che è un film splendido, da vedere e rivedere, la consacrazione per uno dei nuovi autori americani più interessanti che si spera non si imbastardisca con il suo prossimo progetto, il megablockbuster Wolverine.
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