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Il Cile inizia a discutere il matrimonio per gli omosessuali

Da Sabins
Una volta Isabel Allende, per spiegare lo straordinario risultato ottenuto da Michelle Bachelet, divorziata, atea e socialista, all'essere eletta alla presidenza della Repubblica, ha definito il Cile come il "Paese più conservatore del mondo da un punto di vista sociale". E questo Paese così conservatore, cattolico e fondamentalmente ancora molto machista, sta avviando il dibattito per rendere legali i matrimoni per le persone dello stesso sesso. Tutta colpa dell'Argentina, che ha avviato uno tsunami di chissà quali conseguenze nel Cono Sur, questo è chiaro. Al di là delle Ande imperversano da giorni le prime volte dell'euforica comunità omosessuale argentina: sono già stati celebrati il primo matrimonio tra omosessuali, tra lesbiche e tra omosessuali stranieri residenti nel Paese (ironia del caso, si tratta di una coppia cilena). Sono matrimoni che avvengono in un clima emozionato e commosso, quasi sempre tra coniugi di mezza età, che coronano davvero un amore lungo una vita e che emozionano anche chi li guarda attraverso i media. Ma ovviamente non tutti si commuovono davanti alla felicità di chi dà legalità a un progetto d'amore e di vita.La conferma che non tutti i cileni sono pronti a questo passo arriva dai partiti che appoggiano il governo. Carlos Larraín, il presidente di Renovación Nacional, a cui appartiene anche Sebastián Piñera, sostiene che la proposta di Rossi sia "un atteggiamento intellettuale, ideologico, e bisogna far sì che l'ideologia non segni le istituzioni". Il presidente dell'Unión Demócrata Independiente (UDI) Juan Antonio Coloma considera la proposta di legge "un'assurdità totale" perché "le istituzioni devono avere fini e obiettivi e a nostro giudizio la base della società è la famiglia, che dipende dal matrimonio, inteso come un uomo e una donna". Coloma non è contrario a migliorare le norme sulla sanità, la convivenza o l'eredità, in modo da accogliere i diritti anche delle coppie omosessuali, ma ritiene che "cambiare il matrimonio perché non sia più tra un uomo e una donna, sia letale per la famiglia e ovviamente questo colpisce la società". Chi non si è ancora pronunciato è il Presidente della Repubblica, a capo della prima coalizione di centro-destra della democrazia: i media cileni danno Sebastián Piñera interessato al dibattito, contrario alle nozze gay e più vicino alla formula delle unioni civili.
Durissimo, infine, il presidente del Movimiento de Integración y Liberación Homosexual (Movilh) Rolando Jiménez, che ha negato alla Chiesa Cattolica "la qualità morale per considerare un'aberrazione il matrimonio omosessuale". Lo stesso cardinale Errázuriz è responsabile, secondo Jiménez, di aver coperto alcuni preti pederasti perché non fossero giudicati. Le sue parole, afferma il leader degli omosessuali cileni, "seminano violenza e aumentano la breccia già esistente tra la gerarchia ecclesiastica e i cattolici". "La società sì è pronta ad accettare la realtà del matrimonio omosessuale, chi non lo è è la classe politica, per il debito storico che ha con la Chiesa dai tempi della dittatura di Pinochet" ha concluso.
Il dibattito è servito, Fulvio Rossi è consapevole che nel Paese più conservatore del mondo non sarà facile. Ma, curiosamente, è questo Paese il primo del Cono Sur che prova a seguire l'esempio argentino, e "anche solo discuterne" sostiene Rossi "è un enorme passo avanti".

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