Uno degli espedienti più usati in campo cinematografico per attrarre spettatori è l’utilizzo del nudo; come abbiamo già visto in un precedente articolo, molti registi hanno scelto in passato e ancora oggi, in misura minore, di mostrare le attrici protagoniste dei loro film senza veli.
C’è un posto deputato, in particolare, al nudo integrale; un posto dove ovviamente si è nudi , in cui è possibile mostrare il corpo dell’attrice in tutto il suo splendore.
Questo posto è il bagno, luogo deputato per eccellenza all’igiene intima.
Un posto che stimola adeguatamente i sensi dello spettatore, che viola un’intimità artefatta, perchè ricreata per finzione, ma che ottiene in fondo il risultato di tirar fuori il voyeur che alberga in ognuno di noi.
L’espediente della doccia, del bagno nella vasca hanno origini antiche nel cinema; ma se fino alla metà degli anni sessanta le attrici venivano riprese al massimo attraverso i vetri opachi di pudiche cabine o mentre facevano casti bagni in specchi d’acqua, al mare o in qualsiasi posto che prevedesse l’uso dell’acqua, dopo la seconda metà dello stesso decennio l’utilizzo di questo espediente andò man mano intensificandosi, raggiungendo l’apice con l’avvento della commedia sexy, in concomitanza anche con l’allentamento dei rigori censori.
Così ben presto le attrici mostrarono dapprima timidamente il seno, per poi arrivare al nudo integrale, di prammatica sotto la doccia o in una vasca; del resto, chi si sognerebbe mai di lavarsi integralmente con addosso indumenti intimi o altro?
Agli inizi le scene di nudo sotto la doccia furono funzionali al film, nel senso che le scene venivano inserite in un contesto che giustificava la loro presenza, come nel caso di Nude si muore, film del 1968 diretto da Margheriti; all’interno del film compare una sequenza in cui una delle studentesse viene aggredita e uccisa proprio mentre è intenta a farsi una doccia.
La scena è molto castigata, in quanto il regista riprende l’attrice solo di schiena e parzialmente di lato.
Ma è un inizio importante, perchè viene sfatato il tabu del nudo ripreso in un momento di intimità.
Poichè la commedia sexy è ancora lontana nel tempo, i film di fine anni sessanta mostrano qualche timido segnale di apertura sopratutto in pellicole drammatiche, thriller, horror e comiche.
E’ curioso pensare che in effetti è proprio il cinema drammatico ad inserire per primo l’espediente del nudo “acquatico”; a far scuola era stato naturalmente Hitchcok, che nel film Psyco aveva girato la scena di nudo sotto la doccia più famosa di sempre, protagonista Marion alias Janet Leight uccisa da Norman Bates proprio mentre è indifesa, occupata a lavarsi.
Il cinema di stampo thriller o giallo utilizza spesso questo tipo di situazioni; spesso le vittime, quasi sempre donne, vengono uccise nella vasca da bagno, o mentre sono sotto la doccia perchè sono più vulnerabili.
Funziona la sorpresa, così come funziona l’elemento dell’impossibilità a difendersi.
Alle volte ci sono anche scene abbastanza paradossali, con la vittima minacciata dall’assassino di turno che tenta, in uno strano quanto improbabile tentativo di difesa del proprio pudore, di coprirsi le parti nude, quasi che il pudore avesse il sopravvento anche sull’istinto di conservazione.
Se negli anni sessanta questo tipo di situazioni restano sporadiche o comunque limitate a poche pellicole, con l’avvento degli anni settanta si assiste ad una crescita vertiginosa dei nudi “acquatici”, a sequenze ambientate nel luogo tabu per eccellenza, la toilette.
Lenzi, in Paranoia, fa spogliare la diva Baker; è ancora una volta un giallo, ma ben presto l’uso della macchina da presa verrà esteso a tutti gli altri generi.
In La calata dei barbari, peplum di buon livello diretto da Robert Siodmak a mostrarsi parzialmente nude in una vasca da bagno sono Sylva Koscina e Honor Blacman, l’attrice che aveva lavorato in 007 Goldfinger; è un altro tabu che cade, ben presto il nudo in vasca o sotto la doccia arriverà anche in altri generi cinematografici, come il western.
La nascita della commedia sexy e contemporaneamente del filone dei decamerotici portano ovviamente ad una sovra esposizione di docce, bagni e quant’altro.
In particolare il filone decamerotico mostra insospettabili qualità igieniche dei nostri antenati del 300; le donne sono impegnatissime a bagnarsi in stagni e specchi d’accqua, oppure in tinozze di legno o in vasche marmoree.
Anche i film mutuati dai peplum, quindi con ambientazioni in epoca romana, fanno largo uso del nudo “acquatico”; in per amore di Poppea il bagno è in una piscina colma di latte, mentre in Quel gran pezzo dell’Ubalda la Schubert si lava in una tinozza dalle doghe di legno.
Le dive e le starlette si adeguano ben presto alle richieste dei registi, e fra loro spicca Edwige Fenech, quella che un critico sarcastico definì l’attrice più pulita dello schermo, visto l’utilizzo metodico della ripresa sotto la doccia della bellissima attrice.
La Fenech si lava nel filone parentale, come nel Vizio di famiglia o in Grazie nonna, in Mia nipote la vergine oppure nel filone dei thriller all’italiana, come Lo strano vizio della signora Wardh e in Nude per l’assassino.
Quando in seguito la commedia sexy virerà verso il filone soldatesse, poliziotte dottoresse, la Fenech sarà ancora presente, con il suo splendido corpo inquadrato maliziosamente dal regista di turno, come in La vergine il toro e il capricorno; ma ovviamente non mancano altre attrici riprese in scene acquatico/igieniche.
Gloria Guida sarà utilizzata nello stesso modo, sia che partecipi alla serie dei film scolatici, sia a quelli della commedia sexy; si parli di La liceale, o di L’affittacamere, la doccia per la Guida è quasi un trademark; la presenza della bella e bionda attrice significa con quasi assoluta certezza la presenza di una scena acquatica.
Altre bellissime attrici scelgono di apparire in costume adamitico in film che presentano questo genere di situazioni; tra loro vanno citate la Baker, che fece il bis in Paranoia e in altri film, la Cassini,Susan Scott, che accettò di comparire nuda sotto la doccia anche in età abbastanza avanzata, come mostra in Orgasmo nero.
Poi ancora la Strindberg, Laura Antonelli, più nelle vasche da bagno o in tinozza, come nel film Mio dio come sono caduta in basso, Femi Benussi, altra attrice prodiga di nudi acquatici, sia che partecipasse a decamerotici, oppure a thriller quand’anche a film ambientati nell’epoca romana.
In Cuore di mamma troviamo Carla Gravina, poi ci saranno Monica Guerritore, Lori Del Santo, Carmen Russo, la Rizzoli ecc.
In pratica in moltissimi film in bagno ci si va per lavarsi e di conseguenza per mostrare la diva di turno senza veli; in bagno ci si muore, come già ricordato, che si tratti di Cosa avete fatto a Solange o in Nude per l’assassino, ci si va anche a piangere, come la Giorgi in Nudo di donna, oppure ci si fa l’amore, situazione scabrosa in cui il regista è costretto a fare i salti mortali per non inquadrare i genitali maschili.
Oppure ci si fa dei discorsi impegnativi, come nel caso della sequenza che vede protagoniste Charlotte Rampling, vestitissima e con la sigaretta in mano e Agostina Belli, immersa nell’acqua nel film Un taxi color malva.
Ci si mangia, in vasca, mentre sotto la doccia ci si lava e basta; in vasca si muore anche per colpa di un’omicida scaltro, come in Roma bene, oppure per disgrazia, come accade a Sabina Ciuffini in Oh mia bella matrigna.
Insomma, la toilette allarga le sue porte alla macchina da presa, che indugia, spesso morbosamente, su corpi cosparsi di bagno schiuma, oppure lavati metodicamente con il sapone; le attrici hanno la cuffia alle volte, per non bagnare i capelli non solo per motivazioni personali.
Spesso, dopo la doccia l’attrice deve uscire, e non si può certo aspettare che faccia la sua toilettee per intero, così come lavarsi i capelli provoca il rallentamento del film; molte pellicole avevano budget limitatissimi, e perdere tempo significava far levitare i costi della pellicola stessa.
L’orgia visiva delle docce durò fino a quando durò l’exploit della commedia sexy; inevitabilmente, sul finire degli anni settanta, con la crisi del cinema il fenomeno andò attenuandosi, pur rimanendo presente in molte pellicole.
Venne fatto un utilizzo più razionale dello stesso; non più docce e bagni a gogo, ma inserite in contesti più consoni, ovvero in situazioni in cui le scene fossero attigue al film, che avessero un minimo di significato per l’economia della pellicola.
Il tutto in un’ottica anche di profondo cambiamento del cinema stesso; la presenza sul mercato di migliaia di pellicole hard svuotò di qualsiasi significato la doccia come espediente.
In alcune pellicole comparvero nudi maschili, in seguito amplessi anche descritti con dovizia di particolari, mentre alcuni film varcavano il confine divenuto nel frattempo labilissimo tra cinema erotico e pronografico.
In questo modo divennero obsolete le docce, con il loro carico erotico pervaso però di un certo candore.
In Vestito per uccidere Angie Dickinson appare in una celebre sequenza di autoerotismo; non era una novità, ma la mano di De Palma crea un’atmosfera morbosa, che farà scuola.
Sybill Danning
Finito il periodo d’oro della doccia, del bagno e della nudità ad essa ispirata, si ritorna all’antico, quasi che nel cinema ci sia bisogno di qualche altra frontiera per catturare l’interesse dello spettatore aldilà del fascino che questa o quella pellicola può provocare e indurre.
Ma questo, al solito, è un altro discorso.
Dal film L’ispettore Sarli
Il buio intorno a Monica
Clio Goldsmith, Il regalo
Femi Benussi nel rarissimo La collegiale
Susan Scott in La dottoressa preferisce i marinai
La vedova del trullo
Janet Agren in L’onorevole con l’amante sotto il letto
Moglie nuda e siciliana
Laura Antonelli in Sesso matto
Nadia Cassini in Tutta da scoprire
Brigitte Bardot, Una donna da scoprire
Monica Guerritore in Scandalosa Gilda
Femi Benussi in Poppea
Maria Baxa in Per amore di Poppea