Il cinema con il cappello. Borsalino e altre storie.

Creato il 06 aprile 2011 da Soloparolesparse

Si è da poco conclusa a Milano una mostra che avrei voluto vedere e mi sono perso.
Ve ne parlo lo stesso perchè tra i curatori c’è un caro amico e perchè ho avuto modo di leggere il catalogo della mostra ed è davvero notevole.
Così in realtà vi parlo del catalogo più che della mostra.

Sto naturalmente parlando de Il cinema con il cappello. Borsalino e altre storie.

Innegabile che il cappello abbia avuto (e ancora ha) tanta parte nella storia del cinema, e da questo assunto parte l’idea di realizzare la mostra.
Innegabile anche che Borsalino sia il marchio simbolo del cappello nel mondo e soprattutto al cinema, forse l’unico marchio riconoscibile dalla grande massa.

La Borsalino, che è l’organizzatrice della mostra, ha però voluto dedicarla al cappello a tutto tondo e non limitarla al proprio marchio.

Così si va dai cappeli dei Blues Brothers, a quelli di M, il mostro di Dussendorf, alla bombetta di Arancia Meccanica, a quelle di Stanlio e Ollio, ai cappelli indimenticabili di Audrey Hepburn, di Marcello Mastroianni, di Federico Fellini e centinaia di altri.

Il catalogo ha una struttura davvero notevole e mischia pagine tradizionali a pagine in acetato a fotografie lucide, variando tagli e dimensioni.
Spero che dal video che trovate in fondo si capisca qualcosa di più di questo aspetto davvero interessante della pubblicazione.

Ma naturalemente sono interessanti anche i saggi che si trovano in questo mare di materiale fotografico.

Si parte con Gianni Canova che fa notare l’importanza del berretto di Elephant Man, unico segno distintivo del mostruoso personaggio.
Interessante anche il traslare il cappello a persnaggio di cui ci parla Marco Belpoliti.
E immancabile il rapporto tra cappello ed erotismo secondo Francesco Alò.
E vi segnalo anche le “Quindici tese di semotica del cappello” buttate giù da Stefano Bartezzaghi.

Non manca poi ovviamente il saggio (la firma è di Elisa Fulco) sul cappello Borsalino e soprattutto sull’omonimo film di Jacques Deray e sul suo valore a livello di marketing.

E chiudo segnalandovi le splendide tavole di Gianluigi Toccafondo.


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