Dopo la presentazione al Festival di Cannes, arriva nelle sale italiane il Grande
Gatsby di Baz Luhrmann, tratto dal romanzo di Francis Scott Fitzgerald. Film
molto atteso e che ha diviso la critica americana. Al Cinema anche “A Lady in
Paris” e “AmeriQua”.
Drammatico
con Leonardo Di Caprio, Carey Mulligan, Tobey Maguire, Joel Edgerton, Isla Fisher, Jason Clarke, Elizabeth Debizcki, Jack Thompson, Amitabh Bachchan, Adelaide Clemens, Gemma Ward, Callan McAuliffe, Jacek Koman
Soggetto: tratto dal romanzo di Francis Scott Fitzgerald
Sceneggiatura: Baz Luhrmann, Craig Pearce
Montaggio: Jason Ballantine, Jonathan Redmond, Matt Villa
Fotografia: Simon Duggan
Scenografia: Catherine Martin
Musica: Craig Armstrong
Prodotto da Bazmark Films, Red Wagon Prod. Per Warner Bros., colore, 145’
Nel 1922, il giovane scrittore Nick Carraway si trasferisce a Long Island, vicino alla villa del misterioso milionario Jay Gastby, famoso per le feste che organizza e noto a tutta la ricca società di New York. Ma col passare del tempo e conoscendo Gatsby, Nick avrà modo di scoprire un modo decadente, ben lontano dal sogno americano, in cui inganni, amore e fatti di dubbia moralità si intrecciano, in mezzo a montagne di denaro. E scoprirà pure che sua cugina Daisy, sposata oggi con il nobile Tom Buchanan, ha avuto qualche anno prima una storia d’amore con Gatsby, che dopo averla lasciata andare stavolta farà qualsiasi cosa per riprenderla con sé. Dopo il fiasco clamoroso di “Australia”, sia per i mancati incassi che come qualità dell’opera, Luhrmann ci riprova e sfodera le sue armi migliori: scenografia imponente, costumi eccezionali, cast stellare. Esalta Leonardo Di Caprio, che liberatosi oramai del ruolo di Jack in “Titanic”, grazie soprattutto a Scorsese, Nolan e Clint Eastwood è divenuto un attore importante, e duetta al meglio con il ritrovato Maguire, non più Spiderman ma anche senza effetti
speciali da supereroe è dentro la parte, e con la bella Carey Mulligan, inseguita e sognata da Gatsby. Ciò che ha diviso però la critica americana è se lo sfarzo pari a quello dell’ottimo “Moulin Rouge!” sia tale da far bastare l’aspetto principale che il regista ha tratto dall’opera di Fitzgerald, ovvero la storia d’amore tra Gatsby e Daisy, esaltata dalla musica e dalla recitazione, tralasciando però la riflessione sul personaggio misterioso di Gatsby e su ciò che rappresenta nella New York degli anni ’20, corrotta e piena di delinquenti, oltre che in espansione economica almeno nei primi anni del decennio. Più amore e meno lavoro di ricerca dal romanzo. La parola al
pubblico.
con Robert Kennedy III, Alec Baldwin, Catherine Mary Stewart, Alessandra
Mastronardi, Lele Gabellone, Giancarlo Giannini, Antonia Dell’Atte, Eva Amurri,
Enrico Silvestrin, Ernesto Mahieux, Gianluca Bazzoli
Montaggio: Consuelo Catucci
Fotografia: Marco Bassano
Musica: Lucio Dalla
Prodotto da Jabadoo Productions, colore, 98’
Charlie Edwards è un giovane laureato di ottima famiglia, che ha poca voglia di fare e tanto da spendere. Ma quando i genitori lo mettono spalle al muro, con gli ultimi soldi rimasti decide di fare un viaggio in Italia, arrivando fino a Bologna. Tra avventure, conoscenze, più o meno pericolose, tanto cibo e tanta confusione, per Charlie sarà un’esperienza importante. Dubbi invece sull’importanza del film: diretto da due registi italiani, ha per protagonista il nipote proprio di Bobby Kennedy, ma sembra davvero un’esaltazione del luogo comune e del già raccontato da tanti autori stranieri, sui difetti e i vizi dell’Italia: da una parte certo la bellezza delle città e del cibo, dall’altra la delinquenza e mille altre cose che non vanno. Insomma, un pasticcio on the road, più che altro.
con Jeanne Moreau, Laine Magi, Patrick Pineau, Ita Ever, Fabrice Colson, Corentin
Lobet, Tonu Mikiver
Soggetto: Ilmar Raag
Sceneggiatura: Ilmar Raag, Agnes Feuvre, Lise Macheboeuf
Montaggio: Anne-Laure Guegan
Fotografia: Laurent Brunet
Prodotto da TS Productions, Amrion, LaParti Production per Officine UBU,
colore, 95’
Quando arriva una chiamata di lavoro da Parigi, Anne si trasferisce dall’Estonia per andare a occuparsi di una signora di una certa età, Frida. Arrivata in Francia a casa di Frida, il rapporto tra le due non è subito buono, perché Frida ha un carattere molto difficile ma col tempo imparerà ad apprezzare la gentilezza di Anne. Un omaggio a Parigi da parte di un regista che la ama davvero molto. Grazie a due attrici protagoniste di rilievo, una storia sulla vecchiaia ma cercando di fuggire dalla monotonia di film di questo genere, piuttosto un racconto che non affonda sui personaggi, e forse è il suo limite, ma ne tratteggia in modo leggero le caratteristiche. Non il massimo del divertimento, ma se cercate un po’ di riflessione, è il film giusto questo.
con Luciano Curreli, Jérôme Duranteau, Fabrizio Gifuni, Paolo Rossi, Freak Antoni,
Simona Caramelli, Simone Maludrottu, Letizia Filippi, Roberto Nanni
Soggetto: liberamente basato su “Aspettando Godot” di Samuel Beckett
Sceneggiatura: Davide Manuli
Montaggio: Rosella Bocci
Fotografia: Tarek Ben Abdallah
Prodotto da Blue Film, Shooting Hope Productions per una Distribuzione
indipendente, colore e b/n, 81’
I due protagonisti Freak e Jajà sono stanchi di aspettare Godot e vanno a cercarlo: sì, proprio così, capovolgendo l’opera teatrale di Beckett. Incontrano così strani personaggi, vivono situazioni al limite dell’assurdo, in un mondo indecifrabile e dove la possibilità di comunicare è praticamente irraggiungibile. Il problema è che se un film di questo tipo non riesce neppure a tramettere un messaggio netto al pubblico non può certo attrarre l’attenzione. Rivisitare Beckett complicando ancor di più il senso, ammesso esista, rende difficile da spiegare tutto questo.
con Nathalia Acevedo, Adolfo Jiménez Castro, Willebaldo Torres
Soggetto e Sceneggiatura: Carlos Reygadas
Montaggio: Noemi Gonzalez
Fotografia: Alexis Zabe
Prodotto da Mantarraya & NoDream perAcademy Two, colore, 119’
Juan, sua moglie Olivia e i loro due figli hanno lasciato Città del Messico per andare a vivere in campagna, ma non riescono a superare i problemi tra di loro e soprattutto è Juan a non riuscire a migliorare sé stesso. E col passare del tempo i problemi diventano pure peggiori. Reygadas, premiato al Festival di Cannes 2012 come Miglior Regista, ha in realtà una passione per confondere lo spettatore: sceneggiatura incomprensibile alla ricerca dei colpi ad effetto, personaggi misteriosi come diavoli che si aggirano alla ricerca del tormentato personaggio principale, riprese sfocate dell’immagine per stringere sul movimento dell’attore in scena o andare all’improvviso a rimarcare cosa c’è intorno a lui. E’ molto difficile consigliare un film di questo genere comunque.
Giuseppe Causarano
Twitter @Causarano88Ibla