Il cinema dice addio allo Studio Ghibli di Miyazaki?

Creato il 04 agosto 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Quest’anonima settimana cinematografica estiva potrebbe avere dei risvolti storici memorabili, purtroppo negativi. Lo Studio Ghibli, ovvero quella fabbrica di sogni creata dal maestro Hayao Miyazaki nel 1985, sembra essere in pericolo. La notizia di una sua imminente chiusura ha invaso i siti web di mezzo mondo nel giro di poche ore. A quanto pare, durante un’intervista, il general manager Toshio Suzuki, co-fondatore dello studio Ghibli, avrebbe annunciato che “il dipartimento di produzione di anime verrà smantellato”, limitandosi a sfruttare i diritti d’autore di quei film considerati negli anni degli autentici capisaldi del cinema d’animazione. E’ bene precisare che la notizia potrebbe essere il frutto di una cattiva traduzione dal giapponese e che anche siti più autorevoli, come l’Hollywood Reporter e Variety, l’hanno riportata con le dovute cautele.

A quanto pare, Sukuzi avrebbe solamente parlato di una fase di ristrutturazione con l’intento di ricreare un ambiente favorevole per le prossime generazioni di creativi a seguito del ritiro di Miyazaki. Saranno quindi essenziali le prossime ore per capire il destino dello studio cinematografico giapponese che per quasi trent’anni ha rivoluzionato il cinema d’animazione mondiale, non soltanto contribuendo alla rivalutazione delle anime oltre la madre patria, ma imponendo una propria politica di distribuzione e continuando ad usare solo tecniche di disegno tradizionali. Nell’attesa di saperne di più, ripercorriamo gli inizi e il possibile epilogo di una storia d’amore durata trent’anni.

Lo studio Ghibli fu ufficialmente fondato nel 1985 dal maestro delle anime giapponesi Hayao Miyazaki e dal suo mentore Isao Takahata. Il nome, che letteralmente significa vento caldo (scirocco), è dovuto alla passione di Miyazaki per gli aerei. Nausicaa della Valle del Vento è spesso considerato il primo film dello studio Ghibli ma la sua lavorazione iniziò ben prima della fondazione della compagnia. Il primo lungometraggio interamente prodotto dallo Studio Ghibli fu Laputa – Castello nel cielo, diretto da Miyazaki nel 1986 e ispirato a I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift. When Marnie Was There, basato sul romanzo di Joan G. Robinson, è invece l’ultima produzione dello studio Ghibli, uscita in Giappone lo scorso 19 luglio. Guidata dal talento di Miyazaki, di suo figlio Goro e da Hiromasa Yonebayashi (il regista di Arrietty, per intenderci) quella fabbrica di sogni ha accompagnato la nostra infanzia, la nostra adolescenza, cercando di risvegliare il bambino che è in tutti noi anche da adulti. Le tematiche da sempre care allo studio come il pacifismo, l’ambientalismo, l’uguaglianza, la politica ma anche i topoi classici della letteratura come il viaggio, l’amore, la lealtà, la passione sono state trasmesse di generazione in generazione tramite metafore ardite ma anche con una dolcezza e un candore che hanno da sempre contraddistinto le anime da certi volgari blockbuster americani. La chiusura dello studio potrebbe essere principalmente imputata a due fattori: il ritiro di Hayao Miyazaki e la crisi di incassi al botteghino.

Il Maestro annunciò il proprio pensionamento lo scorso anno alla Mostra del Cinema di Venezia, dove presentò il suo testamento artistico Si alza il vento. Il suo ultimo capolavoro non solo è stato clamorosamente snobbato da Bertolucci, presidente di giuria a Venezia, e dall’Academy che ha preferito conferire l’Oscar a Frozen. Si alza il vento non è riuscito neanche a registrare incassi da record, non superando i 119 milioni di dollari al botteghino, battuto da Frozen che ne ha rastrellati circa 250. Per chi non lo sapesse, non avvalendosi della grafica computerizzata, i capolavori Ghibli hanno degli enormi costi di produzione e devono perciò necessariamente trovare riscontro al botteghino. Nel 1989 Kiki consegne a domicilio ottenne un enorme successo e nel 1997 la Principessa Mononoke riuscì a fare ancora meglio, incassando oltre 150 milioni di dollari solamente in Giappone (1 giapponese su 10 andò a vederlo), mantenendo lo scettro del migliore incasso nipponico di sempre fino a Titanic.

Negli anni i successi erano stati continui, da La città incantata (230 milioni di dollari incassati) al Castello errante di Howl (190 milioni di dollari) e Ponyo (165 milioni). Dal 2010 ad oggi lo studio ha invece subito continue perdite, gli spettatori giapponesi hanno dimostrato una progressiva perdita di interesse nei gioielli Ghibli e le produzioni hollywoodiano hanno cominciato ad avere la meglio al box office. Basti pensare che Arrietty – Il mondo segreto sotto il pavimento si fermò a soli 110 milioni di dollari mentre lo stesso anno Toy Story 3 ne incassava più di 126. Il vero flop è arrivato proprio lo scorso anno con La principessa splendente, che dopo una lavorazione durata quasi 8 anni e un costo di 60 milioni di dollari, ha racimolato solamente 25 milioni di dollari. I dati non mentono e i giapponesi, noti per il loro forte senso di orgoglio e dignità, avrebbero dunque preferito calare il sipario sullo studio Ghibli prima che venisse completamente privato del suo ruolo centrale.

Dunque, una notizia che giustamente getta noi cinefili nella più cupa disperazione o l’ennesimo esempio di disinformazione, come ci auguriamo che sia?

di Rosa Maiuccaro per Oggialcinema.net


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