27 giugno 2013 Lascia un commento
Ora, se roba cosi’ la scrive Fofi e non io, pur stando da posizioni che piu’ opposte non si puo’, allora la faccenda si fa ironica.
Anno 1971, libercolo dell’immancabile Feltrinelli che in quanto a fesserie non se ne perde una ma e’ insito letteralmente nel suo DNA, voluto per l’ennesima ed incontestabile conferma di chi abbia realmente assassinato il cinema italiano.
Non m’interessa la politica, dico davvero e se cosi’ non fosse non avrei passione per il cinema italiano dal dopoguerra sino alle porte degli anni ’80 quando e’ innegabile, che dagli inizi la presa del potere da parte della sinistra fu egemonica.
Non rifiuto nemmeno una posizione opposta alla mia se v’e’ intelligenza nel motivarla, se c’e’ estro e professionalita’ nell’esporla.
Certo, la mia idea di politica differisce da chi la gestisce e sara’ per questo che trovo piu’ impegno in dieci minuti del primo "Fantozzi" che nell’intera boriosa, saccente ed inutile filmografia di Bellocchio e del resto di quest’ultimo se ne ricordano solo gli amici che regalano premi ai festival, mentre Villaggio/Salce fanno il pienone ogni volta che si affacciano sul piccolo schermo e non si spiega col solo far ridere.
Quello che Fofi e’ incapace di comprendere, forse per scarsa intelligenza, e’ che il cinema come tutte le arti e’ anzitutto Idea ed e’ nell’ordine delle cose diffonderla ma cio’ deve avvenire attraverso la forza del concetto, non con la violenza coercitiva del pensiero unico.
Cosi’ vivono i regimi totalitari deboli di struttura ideologica ma forti di braccio, cosi’ vorrebbe il mondo Fofi, cosi’ il cinema italiano e’ stato martirizzato e trucidato e oggi la sola possibilita’ che resta, e’ il rifiuto degli scarti sopravvissuti della grande macchina dei sogni che fu.
Non stupiamoci quindi se il nostro cinema deve vivere coi soldi pubblici sottratti a noi tutti per foraggiare falliti nella vita e nell’arte, che diversamente non avrebbero alcun credito neppure per filmini delle nozze e che soltanto i Fofi mononeuronici, amano e apprezzano.
Pagine di orrore ma in realta’ non tutto quanto e’ da buttare. E’ piuttosto istruttiva la dettagliata disamina di come funzionavano le cose da un punto di vista strettamente commerciale, i meccanismi di produzione e distribuzione, il tipo di contributi che il cinema italiano riceveva a quel tempo.
E’ divertente essere in accordo con Fofi nel valutare molto molto severamente registi ed attori, peccato solo ci si arrivi da due parti opposte e una meta comune non vale poi tanto se non si condivide il percorso.
Scrivere vi fosse poca sinistra nel cinema italiano del 1971, non e’ opinione, e’ follia conclamata che chiunque puo’ vedere e giudicare.
Fofi e’ uno di quelli fissati che il cinema debba essere arma e non arte, utile per indottrinare noi tutti che ai suoi occhioni saggi siamo carne da macello nel tritatutto ideologico che contraddistingue il suo pensiero.
Egli ritiene che l’arte sia una scusa per non impegnarsi. Impegno. Fofi e gli amici suoi quando non mi disgustano mi fanno pena, incapaci a concepire il Bello, nella forma che si vuole ma motivo primo di ogni Arte esistente.
Questi usano le Arti come una clava per colpire i piu’ deboli e rinchiuderli nelle caverne delle loro menti sinistre.
Mi consola pero’ intuire l’orrore delle loro vite buie e malsane dove la luce della bellezza non puo’ arrivare e che l’Inferno per loro, inizia con ogni sigla di testa.
Lui vuole impegno per indottrinare le masse, io bellezza per stupirle, il libro e’ ancora qui, in tutto il suo splendente messaggio percio’ lo si legga, poi ognuno tifi per chi vuole.