“Così remiamo, barche controcorrente, risospinti senza sosta nel passato”
Così si conclude il romanzo più celebre di Fitzgerald, Il grande Gatsby, il libro più consumato e amato della mia libreria,non che il migliore per le citazioni ad effetto.
I critici letterari hanno a lungo disquisito sul concetto romantico che sta dietro le magnifiche righe finali del romanzo ma io non sono una critica letteraria perciò andrò al sodo: perché certi individui non sono capaci di lasciar andare il passato? Perché mitizzano le storie d’amore,gli affetti o persino le semplici comparse del loro vissuto e deformano i ricordi per adattarli meglio a quella che per loro è diventata ormai un’ideologia? Insomma, chi di noi non ha una Daisy da mettere su un piedistallo,per cui faremmo di tutto anche sacrificare la possibilità di una nuova vita? Quel sentimento terribbile che ci fa venire quell’insopportabile torcicollo a furia di guardare indietro è la nostalgia (canaglia!) e, grazie a lei, sono state creati i migliori romanzi e i migliori film.
I film,appunto, nostalgici non sono stati mai così numerosi come quest’anno. Ben 3 opere cinematografiche,candidate agli Oscar, ruotano attorno al concetto gatsbyano del passato idilliaco da recuperare a tutti i costi: Midnight in Paris, The Artist e Hugo. Addirittura in Midnight in Parsi Fitzgerald è uno dei protagonisti (guardate questo film!).
Nel film di Allen, il protagonista – scrittore e amante della letteratura, ennesimo alter ego dell’autore – a mezzanotte (a Parigi) si tuffa in passati mitici da esplorare e da vivere per sopperire ad un presente non così entusiasmante. Un inno ai sognatori, agli scrittori scapestrati e agli inguaribili romantici! Ma il finale cerca di riscattare il presente e c’è la volontà di liberarsi di un passato glorioso che però non ci appartiene più : “Ecco com’è il presente: un po’ insoddisfacente. Perché la vita è un po’ insoddisfacente” .
Mentre negli altri due film – che si occupano strettamente di metacinema - il passato perduto è un’ossessione per entrambi i protagonisti che li porta a compiere gesti estremi,proprio come Gatsby ,anche se ,mai come in questi due film, il cinema è la macchina dei sogni per cui entrambi si meritano il loro bel finale.
L’ossessione romantica per il passato è sancita come ormai perduta, allo stesso tempo,è glorificata (paradigmatica la scena della proiezione del montaggio dei primissimi film in Hugo Cabret) e non smitizzata come in Allen. Perché? Sono meccanismi della psiche umana che si muovono nel mondo del dionisiaco fatto di paure e soprattutto bisogni,il bisogno di credere,il bisogno di esempi paradigmatici. Da qui il gesto apollineo (razionale) di costruire delle proiezioni mitiche nel passato da inseguire nel presente. Pensate a un cane che si morde la coda! Questo tipo di letteratura e di cinema nasce ovviamente in contrapposizione all’idea di progresso come linea retta fatta di serrati e continui passi in avanti.
Mai come nell’era della tecnologia si sentiva il bisogno di tirar fuori una celebrazione di un cinema diverso (quello muto in The Artist) ma,nonostante tutto, morto. Sarà sicuramente questo che farà ottenere la statuetta al film francese. Agli Academy piacciono le cose vecchie,meglio ancora morte. The Artist è un ottimo film,intendiamoci. Ma tutto sommato cosa lo distingue da un qualsiasi film muto e in B/N ? Il fatto che sia stato riproposto oggi? E allora? Preferisco di gran lunga Hugo che associa all’ideale romantico,il progresso tecnologico del cinema che oggi ,grazie al digitale e alla terza dimensione, può fare pressoché qualsiasi cosa.
Martin Scorsese non ne sbaglia una
Va decisamente meglio a Fitzgerald che, con mia grande gioia, è il protagonista indiscusso degli Oscar e se la ride di gran gusto.
Tom Hiddlestone interpreta Fitzgerald in Midnigt in Paris