Bolelli recupera quindi la dimensione istintuale, non soltanto la dimensione razionale e "pettinata" dell'intellettuale medio.
Scrive infatti:
Amo quei progetti e prodotti che non si abbassano – fingendosi elevati - a sfruttare i complessi di inferiorità di quel pubblico in cerca di promozione culturale. Amo chi – senza tirarsela da maledetto o trasgressivo ma giocandosela con gioiosa impudenza- nemmeno si sogna di chiedere legittimità alla corte del perbenismo intellettuale.
Ecco emergerequindi il concetto di "perbenismo intellettuale" contrario come tutti i perbenismi alla dimensione pulsionale, che, tuttavia, è presente anche nella musica o nei film: il ridere, il piangere, il sospirare, l'agitarsi, il sognare, il terrorizzarsi, l'eccitarsi sessualmente. L'horror e l'erotico sono i generi più "bassi", più estremi, sono gli unici generi a provocare reazioni corporee di fronte alle immagini e solo quindi le eccitazioni motorie possono rendere "vitale" una produzione artistica. Non c'è passatempo o intrattenimento intelligente- pare intendere Bolelli- soltanto per via razionale. Il film "razionale" è noioso e basta, può essere fonte di studio, piace ai finti intellettuali, a coloro che cercano una maschera a cui aderire, non c'è un interesse per il cinema, ma per un cinema idealizzato secondo un'etica, quella dell' impegno. Che vada a farsi fottere l'impegno....Quando andiamo a vedere un film non dobbiamo andare a Messa, dobbiamo solo intrattenerci. E qui vengo all'argomento già introdotto giovedì scorso: un film che non lascia il segno nel corpo o nell'anima non è un buon film, anche se è da Oscar, esattamente come una persona che non lascia il segno, può avere anche quattro lauree ma è del tutto insignificante.
Evviva Quentin Tarantino, Tinto Brass, il poliziottesco, la commedia all'italiana....Evviva!
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