4. Haken – The MountainL’album della maturità per gli inglesi Haken, 70 minuti di prog che non nasconde nulla delle sue influenze rock e non ha paura di mostrarsi aggressivamente metal, il tutto con una freschezza e personalità già mostrate nei due album precedenti ma che qui trova il naturale equilibrio, sacrificando certa immediatezza (nonostante le canzoni lunghissime) per un’offerta molto più sofisticata. Grande conferma.
3. Fen – Dustwalker Stesso discorso fatto per gli Haken, i Fen trovano bilanciamento perfetto tra i tanti generi a cui attingono, black, post-rock e prog anni Settanta si fondono per canzoni dal crescendo inarrestabile senza più certe ripetitività dei dischi passati. Devastanti ed eleganti, violentissimi e malinconici, solo i migliori Opeth, sul versante death, hanno saputo miscelare con altrettanta classe generi così distanti.
2. Anciients – Heart of Oak Prendete i Mastodon più intricati e imbastardateli con il death, gli Anciients propongono un sound magari non originale ma molto personale nell’alternare mega riffoni e melodie in acido, contorsioni prog e aperture brutali. Album inaspettato e solidissimo, band agli esordi ma che sa già il fatto suo.
1. The Ocean – Pelagial
Continua l’evoluzione sonora dei tedeschi, dopo il capolavoro Heliocentric/Anthropocentric il nuovo Pelagialsegue le stesse coordinate tra sludge e progressive, tra violenza martellante e dolcezza nostalgica, per una proposta ormai unica nel panorama metal: la costruzione impeccabile dell’album, le melodie e la solarità iniziale che via via lascia il posto a catacombale, asfissiante pesantezza è quanto di più intelligente sentito negli ultimi anni, un progetto, il loro, sicuramente ambizioso e liricamente fin troppo sofisticato, ma completo e gestito con capacità immensa.